Il Natale delle streghe

La notte di Natale a Rocca di Papa era conosciuta anche come notte delle streghe perché le si poteva incontrare per la strada e in chiesa e per di più riconoscerle come tali.
Per questo motivo infatti quella sera, col buio, si vedevano in giro alcuni uomini armati di una scopa , questa per difesa si sa, o di un forcone che invece serviva a riconoscerle – così mi ha raccontato mio padre, nato a Rocca di Papa , che da bambino nei primi anni del ' 900, non riusciva a capire il motivo di quell'armamentario proprio durante quella notte. Il forcone, secondo un'antichissima tradizione, era uno strumento molto efficace, forse l'unico strumento necessario per poterle vedere nel loro vero aspetto di donne malefiche, solo però se si guardavano attraverso i suoi rebbi. Idea antica questa, comune anche a Velletri, ma non nella ricorrenza del Natale. A Velletri la notte deputata a scorgere le streghe volare verso il noce di Benevento è quella di San Giovanni e bisogna recarsi ad un quadrivio e guardare il cielo appoggiando il mento ad un forcone o alla biforcatura di un bastone. Proprio come dice un passo della nota ricerca di Michele Placucci sugli usi e i pregiudizi dei contadini nella Romagna dell'800:
Ab immemorabili credono i contadini che nella notte dell’accennata
festa le streghe si facciano vedere ne’ crociari delle
strade, dette quadrivi, vale a dire in quel punto che forma centro
a quattro diverse strade: perciò ivi si portano, ed appoggiano
sotto il mento nel collo una forca, e stanno in quel luogo ad attitudine
tutta la notte; e asseriscono che veggono le streghe, le
quali, passando, dicono le seguenti parole: Ben staga l’inforchea;
vale a dire, bene stia l’inforcato, quello, cioè, che stasi
sulla detta forca appoggiato. E l’uomo risponde: ben vega a c’ha
d’andèa, che equivale a: ben vada a chi ha d’andare, o viaggiare
Per riconoscere le streghe in chiesa la procedura era diversa:.
Era noto a tutti che in quella notte santa bastava lasciar cadere un pettine (in piccolo simile al forcone?) in una delle acquasantiere ai lati del portone per fare in modo che le streghe, a Messa terminata, non potessero varcarne la soglia per uscire, restando dunque prigioniere: costrette a implorare un conoscente affinché togliesse il pettine, avrebbero dovuto dunque svelare il loro terribile segreto. Stranamente anche le striis di alcuni paesi della Carnia, erano obbligate a restare in chiesa da un oggetto lasciato cadere nelle acquasantiere - una moneta particolare che sembra avesse inciso un pettine o l’immagine della Madonna -, ma questo poteva avvenire tutto l’anno e non solo la notte di Natale.
Il potere del pettine era risaputo- anche a Rocca Priora- e viene sempre raccontato, ma non c'è nessuna storia in proposito. Sembra che in realtà non sia mai successo.
Perciò non ho un racconto per i visitatori dell'Alveare, ma trascrivo qualcosa che ha comunque a che fare con l'inverno, col fuoco acceso.
LA VICINA DI CASA
In una famiglia di Velletri qualunque cosa si dicesse in casa,
qualunque discorso, affare, progetto, tutto veniva risaputo dai vicini.
Una sera, mentre la famiglia era riunita intorno al focolare,
l’occhio del padrone di casa cadde su una gatta che sembrava
dormicchiare al calore del fuoco, la stessa gatta era lì da più sere.
Il padrone di casa, preso da un impulso improvviso, afferrò l’animale
e gli strofinò il muso nella cenere calda. Un doloroso stridulo
miagolio scosse i presenti, mentre la gatta saltava via.
L’indomani, con la luce del giorno, una vicina di casa non
poté nascondere di avere la pelle del viso tutta ustionata.
UNA STRANA FIDANZATA
Un giovanotto di Rocca di Papa si era fidanzato da alcune
settimane con una ragazza figlia di una vedova. Nelle sere stabilite
dalla consuetudine - generalmente il giovedì e la domenica -
, andava a trovarla e si tratteneva a chiacchierare con lei e con la
futura suocera nella piccola e scura cucina illuminata dal fuoco.
Una sera stavano parlando tranquillamente delle loro faccende,
quando la fidanzata disse bruscamente: «Non te ne vai
stasera?»
«Ma perché mi vuoi caccià, non stiamo bene insieme?», protestò
stupito il giovanotto.
«Tengo suónnu», fu la risposta.
Il fidanzato a malincuore si alzò e salutò: «Buonanotte, buonanotte…
». E si chiuse la porta alle spalle. Ma non si allontanò
e, fatti pochi passi, si nascose in un angolo del vicolo. Le ultime
parole, quel tengo suónnu della fidanzata, non lo avevano convinto
e poi aveva notato uno strano, inconsueto parlottare fra le
due donne. Così, dal suo angolo buio si mise a fissare la porta da
cui era appena uscito: si aspettava di vedere entrare o uscire qualcuno,
ma di colpo si aprì una finestra e ne volarono fuori la madre
e la figlia, ciascuna a cavallo di una scopa. E sparirono nella
notte.
La prossima volta torneremo alla streghe - gatto