E' in stampa la seconda edizione di "Boscaioli e carbonai" di M.P.Santangeli

(La copertina della nuova edizione, ideata da Piero Gentilini)

 

Cari Amici dell’Alveare,

 sto preparando la seconda edizione del mio libro "Boscaioli e carbonai nei Castelli Romani".  Il libro doveva andare in stampa nel momento in cui è stato deciso il blocco delle attività  a causa dell’epidemia in corso. Perciò la stampa è stata rimandata e la presentazione avverrà forse, con molti forse, durante la prossima estate. All’aperto immagino. Il  testo del libro non ha subito variazioni importanti perché i testimoni, da me intervistati, sono ormai scomparsi.  Le uniche novità sono alcune fotografie  e documenti, un’intervista al dottore forestale Gian Pietro Cantiani sullo stato  odierno  dei boschi dei Castelli e infine una breve riflessione del Presidente della Comunità  montana dei Castelli Romani e Prenestini, dott. Danilo Sordi.

  Pensando che vi possa far piacere vedere in anteprima qualche fotografia, ve ne  mostro tre con alcune pagine di testo che parlano della migrazione stagionale dei Marchigiani (potete leggerle nel link in fondo alla pagina) .  Mi sembrano indispensabili  per la comprensione delle foto stesse: nella loro immediatezza e semplicità nascondono una fatica del vivere  che forse  oggi facciamo fatica a comprendere. 

 

FOTO N. 1 (click sull'immagine per ingrandirla)

  1. Questa  foto si trova anche nella prima edizione. Ho voluto avvicinarla alle altre due per inserire in qualche modo  una presenza umana nei capannoni e far notare i bambini garzoni dietro alle callarette, piccoli caldai, dove gli stessi garzoni cucinavano la favetta della colazione e la polenta della sera.

 

 

FOTO N. 2 (click sull'immagine per ingrandirla)

 

2) Gli stessi macchiaròli marchigiani si costruivano da soli le capanne di tavole. Le chiamavano capanne, forse perché nel passato queste specie di abitazioni - meglio dire ripari-  erano fatte di frasche di scopia, la ginestra dei carbonai.  Generalmente i capannoni erano più grandi di quanto appare nel disegno, perché le compagnie di Sarnanesi erano formate da parecchi uomini e ragazzi. Infatti molto spesso i focolari  sul pavimento di terra battuta erano tre. Non c’erano finestre protette da vetri, solo  delle aperture che venivano chiuse presto durante il giorno. Il fumo prodotto dai focolari trovava a stento un’uscita nelle due assi sfalsate del tetto (si vedono bene nel disegno), tanto che tutti ricordano quanto il fumo bruciasse gli occhi.

 

 

FOTO N. 3 (click sull'immagine per ingrandirla)

 

3) Guardiamo l’interno del capannone: le rapazzòle erano i letti dei boscaioli. Fatte di tavole, venivano rese meno rustiche ricoprendole con i sacconi di paglia forniti obbligatoriamente dai proprietari del bosco.  Alle fine della “stagione silvana” la paglia si era così  frantumata da essere soltanto uno strato di polvere.

Franco Piergentili, l’autore del disegni, scrive al numero  7 della didascalia: cassette da viaggio. Si vedono poco: erano delle cassette di legno, che facevano l’ufficio delle valige. Ognuno ci teneva dentro i propri effetti personali e un po’ di biancheria.

Da notare alcuni sgabelli bassi. Venivano costruiti in tal modo, perché, restando bassi, ci si poteva meglio difendere dal fumo che saliva in alto, riempiendo il soffitto della baracca di una spessa nuvola.

 

Chi è Franco Piergentili?

Franco Piergentili era nato a Taliani, un piccola frazione del comune di Sarnano, il 4 marzo 1925. Da ragazzo era venuto per molti anni a lavorare nei boschi dei Castelli in compagni del padre e dei fratelli.

Io non l’ho incontrato a Sarnano, perché già dagli anni ’70 del secolo scorso era emigrato con la famiglia negli U. S. A., ma quasi ogni estate tornava in Italia per le vacanze. Proprio in uno dei suoi viaggi è venuto lui stesso a trovarmi a Rocca di Papa quando ha saputo da alcuni conoscenti rocchigiani, con i quali era rimasto in contatto, che mi interessavo alla vita dei boscaioli marchigiani. In quell’occasione mi ha confermato quanto avevo saputo dai suoi concittadini di Sarnano e mi ha consegnato le due fotografie che ho inserito nella prima edizione.  Una volta pubblicato il mio  libro, che gli ho spedito in America, mi ha mandato il suo libretto di cui ho scritto nella didascalia della terza foto. I disegni  del capannone sono inseriti in questo libretto che, purtroppo, però, non parla del lavoro nei boschi.

 Franco Piergentili per  anni  ha continuato a scrivermi, era contento che ci fosse un libro che lo nominava. Non ha mai mancato di inviarmi gli auguri per Natale e per Pasqua, finché ho saputo che era morto. Era un uomo pieno di vitalità, di coraggio e di amore per la vita, che non aveva perduto nonostante le tante avversità che aveva dovuto affrontare.