Giardino d'Europa

Rocca di Papa “Giardino d’Europa”

Provate a cercare un altro luogo immerso nel verde, a un’altezza media di oltre 500 metri sul livello del mare, che disponga di migliaia di ettari di bosco, di un monte e un lago carichi di storia, di un’acropoli da cui lo sguardo possa spaziare dagli Appennini abruzzesi fino all’Agro pontino e, soprattutto, che abbia Roma ai suoi piedi: un mercato potenziale di quasi tre milioni di persone. Rocca di Papa tutto questo lo ha. Si può affermare tranquillamente che la natura non poteva offrirci di più. Eppure la nostra città langue. Tolto il settore della ristorazione, che pure dà lavoro a centinaia di persone, tutte le altre attività economiche stentano a sopravvivere. Le ragioni possono essere tante, dalla generale crisi dei consumi alla conformazione del centro abitato, oggettivamente poco raggiungibile in automobile. Ma, in attesa di tempi migliori per l’economia nazionale, restarsene con le mani in mano a rimpiangere i bei tempi andati sarebbe stupido. Ci sono tante opportunità che aspettano solo di essere colte. In primo luogo, a  nostro avviso, c’è lo sviluppo economico basato sulla tutela dell’ambiente. Può sembrare una contraddizione, ma non lo è. Non lo è soprattutto se si smette di pensare alla tutela ambientale esclusivamente in termini negativi. Il rispetto rigoroso dell’ambiente, infatti, non può essere basato soltanto sui divieti. E’ ovvio che nei boschi non si debbano tollerare certi comportamenti. Furti di legname, discariche abusive, fuochi o ciclocross selvaggio sono tutti crimini ambientali che vanno certamente vietati e perseguiti severamente. Ma il bosco deve vivere. Un castagneto ceduo che non viene curato perde il suo valore e muore. E con esso muoiono le speranze di sviluppo ecosostenibile di Rocca di Papa. Se ci siamo tanto impegnati per promuovere l’adozione di un PAF (Piano di Assestamento Forestale), un obiettivo che forse stiamo davvero per raggiungere, è per una sola, semplice ragione. Finché la nostra città non avrà idee chiare su quello che vuole fare del proprio territorio boschivo e non si sarà data regole certe per gestirlo non sarà mai possibile progettare interventi realizzabili. Anche le idee migliori si scontreranno irrimediabilmente contro l’impossibilità di essere valutate e finanziate. La Comunità Europea, lo Stato Italiano e le Regioni stanziano risorse finanziarie sostanziose per la tutela e lo sviluppo delle foreste, ma per concedere questi soldi pretendono giustamente che vengano presentati progetti dettagliati e conformi a piani adottati e in vigore. E’ come nel campo edilizio. Se manca un piano urbanistico come si fa a giudicare la validità di un progetto e, eventualmente, a finanziarlo? L’adozione di un serio Piano di Assestamento Forestale del territorio, dunque, è la condizione necessaria per qualsiasi iniziativa che voglia avere una ragionevole speranza di successo.  Fatto questo, Rocca di Papa dispone di potenzialità immense: quelle di cui parlavamo all’inizio. Iniziando a sfruttarle in maniera lungimirante ci porrebbe in posizione privilegiata non soltanto in Italia, ma in Europa certamente, e forse perfino nel mondo. L’importante è pensare in grande e puntare all’eccellenza fin dall’inizio. Abbiamo la fortuna di ospitare la sede del Parco dei Castelli Romani. Un organismo pubblico che può trasformarsi in un eccezionale volano di sviluppo. Pensiamo soltanto a un’idea. Realizzare nel cuore del Parco stesso una nuova sede totalmente ecocompatibile, costruita con materiali d’avanguardia e autosufficiente dal punto di vista energetico grazie - ad esempio - alle biomasse derivanti dalla cura dei boschi. Un complesso del genere potrebbe diventare non soltanto la sede amministrativa del Parco, ma un centro di studi e congressi, un punto di partenza per escursioni: un polo di attrazione, in poche parole, di rilevanza internazionale. Integrando l’attività del Parco con quella del Comune si potrebbero coinvolgere università italiane e straniere nella ricerca delle soluzioni più avanzate per la valorizzazione ecologica ed economica del nostro territorio. Si potrebbe riprendere la sperimentazione sulle specie castanicole da frutto e da legno. Si potrebbero offrire alle scuole italiane e straniere programmi di formazione ambientale sul campo. Si innescherebbe, in sostanza, un’eccezionale sinergia di iniziative capaci letteralmente di rianimare un territorio altrimenti destinato all’abbandono e al degrado. Che si tratti di un obiettivo ambizioso è evidente anche a noi. Ma non provarci sarebbe davvero stupido, date le premesse.