"Provvisio’"

 

(Maria Pia)

 

Un certo Zì Ceci soleva dire all’ asino che lo riportava a casa nelle sere di fine inverno, e il tono era d’ invidia: “A tì te s’ é ropèrta l’ arca, a mi me s’ é ghiusa…”, volendo significare che, con la primavera, i prati rinverdivano- s’ apriva la madia della bestia - , mentre a lui erano finite le provviste.

Di grande importanza per l’economia domestica le faticate provvisio’: d’inverno le giornate di neve e di pioggia battente, senza paga, erano frequenti e bisognava attingere ai sacchi di farina, di fagioli, ai mazzi di totari, alle patate, alle castagne che si erano riposte. E con ogni accortezza. Lo confermava il solito proverbio:”La robba male reposta é d’ i cani e di jatti” ; se le cose si guastavano finivano per mangiarle i cani e i gatti.

La farina di granturco si teneva in cucina, nella madia, l'arca, ma in piccola quantità, perché si preferivano mantenere le pannocchie in grossi mazzi attaccate alle travi o il granturco in chicchi, per portarlo a macinare poco per volta. E in cucina si tenevano anche i sacchi di fagioli e di altri legumi.

La farina di grano, invece, veniva preferibilmente conservata nelle camere da letto, più fresche e arieggiate delle cucine. Dentro ai sacchi, tenuti su tavolette di legno, perché non fossero a contatto col pavimento, molti infilavano delle canne verdi: preservavano la farina dai parassiti.

Patate, mele, pere, castagne, avendone la disponibilità, venivano custodite nelle cantine, vere dispense che rallegravano la vista ed esalavano strani mescolanze di odori: da un lato la botte del vino e il barilotto dell’aceto, pendenti dall’alto ghirlande di salsicce e pezzi di carne di maiale, in terra, su un letto di felci, mele di varie qualità, ruzze, rose, rose gentili, caetanelle, bubbulone e le melazza, pere e sorbe; più in là mucchi di patate. ( sia i frutti che le patate dovevano essere spesso rivoltati e controllati per eliminare muffe e marciumi).

Le castagne, che non mancavano in nessuna famiglia, si potevano conservare sotto la sabbia o sotto il lapillo, però dopo averle tenute qualche giorno nell’acqua e poi asciugate, oppure nei loro stessi ricci, ben chiusi nei sacchi.

Però questa grazia di Dio tutta insieme era rara. Chi non possedeva la cantina si accontentava di tenere i vari sacchi in cucina e le mele e le castagne sotto i letti.

Quando le castagne erano un po’ appassite, molte donne le facevano stare qualche tempo nel forno; divenute ‘nfornatelle, le castagne duravano in casa parecchi mesi.[,,,]