Le Anime Sante - parte terza

(Le Anime del Purgatorio nel Giudizio di Michelangelo)

 

 

Le Anime Sante dell'immaginario popolare dei Castelli  Romani si manifestano in vari  modi,  lo vedremo. Non solo  con un  cane bianco  che accompagna – il più comune- i carabinieri,  le donne al lavatoio, ma anche nei sogni e a volte fanno  pure avvertire la loro presenza invisibile  in piccoli gesti di vita quotidiana.

Nel passato a Rocca di Papa, come in tutti i Castelli, si usava bere direttamente dal ramaiolo, u sgomariéllu, che si teneva dentro la conca dell’acqua attinta alla fontana pubblica. Chi entrava in cucina e aveva sete riempiva u sgomariéllu e beveva. Dopo varie bevute, il ramaiolo poteva cadere sul fondo della conca, producendo un leggero tonfo. «So’ l’Anime Sante», qualcuno diceva subito, senza alcun timore, anzi si consolava al pensiero di quell’acqua quasi benedetta da anime buone presenti nella casa.

A Rocca di Papa e a Genzano le Anime Sante appaiono - realmente secondo la credenza - anche sotto le vesti delle piccole farfalline notturne che volano nelle case all’imbrunire, non bisogna ucciderle: proteggono la famiglia, la casa. Né si devono spazzare le briciole della cena perché in tal caso si scaccerebbero le buone Anime del Purgatorio, - a Rocca Priora dopo l’or de notte - e chi lo faceva lasciava le briciole in un angolo. Le donne più scrupolose addirittura ripiegavano la tovaglia sul tavolo, senza scuoterla, per non far cadere neppure una briciola.

Oggi molti ricordano questa tradizione, ma pochi sanno spiegarne il motivo: anticamente si credeva che dopo il tramonto le Anime Sante passassero davanti alle case. Buttare l’immondizia per la strada sarebbe stato un gesto di disprezzo e di offesa nei confronti delle Anime vaganti nella notte.

 A capire meglio  tutto questo mi è venuta in soccorso  Giulia, la serva fattucchiera di Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli. La donna, una sera, essendo un’ora più tarda del solito, non butta fuori l’immondizia come sempre, l’ammucchia in un angolo della cucina, perché - dice - potrebbe gettarla in faccia all’Angelo che, invisibile, resta tutta la notte vicino alla porta a guardia della casa.

 

[…] Al crepuscolo scendono nella casa tre angioli [spiega

allo scrittore]. Uno si mette alla porta, uno viene alla tavola, e il

terzo si mette a capo del letto. Guardano la casa e la difendono.

Né i lupi, né gli spiriti cattivi ci possono entrare per tutta la notte.

Se io buttassi la spazzatura attraverso la porta, potrei buttarla sul

viso dell’Angelo, che non si vede; e l’Angelo si offenderebbe e

non tornerebbe mai più.

 

Similmente a Rocca di Papa venivano invocati in una preghiera popolare sia l’Angelo a capo del letto sia quello vicino alla porta:

 

Da capo al letto mio

c’è l’Angelo di Dio,

in mezzo alla casa

c’è Santa Nunziata (o Santa Elisabetta),

accosto al fuoco

c’è l’angelo che gioca,

vicino alla porta

c'è l'angelo che bussa, in mezzo a'la via

ci sta Gesù, Giuseppe e Maria

 

 Dalla preghiera, che può essere recitata sia la mattina che la sera prima di andare a letto, ai sogni della notte il passo è breve. Ecco due racconti di Rocca di Papa, in cui le Anime del Purgatorio appaiono in sogno e  parlano di cose terrene, quotidiane.

 

Una donna sognava spesso il marito morto: con gli occhi del

sogno lo vedeva sempre triste, con le spalle curve e gli occhi

bassi, come se fosse oppresso da un gran peso. Allora lei pregava

e pregava per la sua anima e faceva celebrare Messe in suffragio,

ma non serviva: il marito continuava ad apparirle nello stesso atteggiamento

avvilito.

Finalmente una notte la donna riuscì a parlargli: «Perché

sei così abbattuto, non stai bene? Io faccio dire tante Messe

per te».

Il marito rispose sconsolato: «Le Messe non bastano. Ho

commesso troppi peccati e devo riparare. Tu mi puoi aiutare, è

vero, ma non con le Messe. Ascolta bene quello che ti dirò. Ti ricordi

quando avevamo la bottega? Ti ricordi quante donne venivano

a segnare se i mariti non lavoravano, e io scrivevo con la

matita sul quaderno? In quel quaderno sono le mie colpe».

«Come è possibile?»

«Te lo dirò subito: quando i boscaioli, i fascettari, i braccianti,

i manovali, tutti i mariti riscuotevano, le donne venivano

a pagare, ma io ladro, delinquente chiedevo di più di quello che

era segnato e loro pagavano senza un fiato, in fretta, perché si

vergognavano e anche perché avevano fiducia. Ho rubato a queste

povere donne, ad Adalgisa, Paoletta di Mario, a Filomena di

Geremia, a Silvietta e a tante altre. Gli devi restituire i soldi, altrimenti

non avrò pace».

La moglie, un po’ per volta, chiamò le donne ad una ad una

e restituì i soldi a tutte. Alla fine sognò il marito contento, che sorrideva,

che non teneva più gli occhi bassi per la vergogna. Ma da

quella notte non le apparve più in sogno.

 

 

LA MOGLIE CHE PIANGEVA TROPPO

Ad un’altra donna era morto il marito già da qualche tempo,

ma non riusciva a consolarsi: aveva tutto il giorno gli occhi rossi

per il gran piangere, piangeva e piangeva.

Una notte, nel sonno, vide sfilare una lunga processione di

morti: uomini e donne, giovani e vecchi camminavano lentamente,

composti, con un lume in mano, e pregavano.

La donna, con gli occhi del sogno, guardava tutti con attenzione,

man mano che le passavano davanti, ansiosa di trovare il

volto del marito.

Alla fine, leggermente distaccato dagli altri, chiudeva la processione

un uomo con i vestiti completamente inzuppati, sembrava

infradiciato fino alle ossa. La donna riconobbe in

quell’uomo il marito, era lui, proprio lui. Incuriosita, meravigliata

non poté fare a meno di chiedergli subito: «Perché sei tutto bagnato?

Che cosa ti è successo?»

Il marito tristemente rispose. «Sono le tue lacrime, le troppe

lacrime che mi bagnano, non piangere, io sto bene».

Da quel giorno la donna non pianse più.

 

 Alla prossima volta con  racconti di Rocca Priora ...