"Mestieri scomparsi - 4"

(Gabriele Gatta, figlio di Peciò)

 

 

Capitava  anche  che alcuni calzolai abbandonassero il campo delle calzature per dedicarsi all’edilizia dove si poteva contare su un’entrata mensile o settimanale più remunerativa; numerosi infatti i clienti di questi artigiani che pagavano in natura con frutti della campagna o del bosco, provocando disappunto in  qualcuno di loro.

 

Faggio, soprannome di Mario Fondi, papà di Giuliano titolare della ditta Fondi Mobili era un buon calzolaio, abile nel suo mestiere. Era una persona alta e forte  e forse il suo soprannome deriva proprio dalle caratteristiche del legno dell’albero di faggio che è alto e forte, appunto. Aveva la bottega in Via Fortezza (foto a lato) vicino al già citato Zicchiu. Nato intorno al 1910, sul suo viso spiccavano un bel paio di baffi neri. Era un comunista convinto, antifascista e antimussoliniano sfegatato, nel suo negozietto spiccava la foto di Togliatti.  Esercitò la sua professione da prima della guerra fino alla morte, avvenuta circa nella metà degli anni ’70.

 

 

 

 

Gertulio Gatta detto Cazola d’a razza d’i Scelletta,  era il fratello della mamma del nostro barbiere Ciolli, al secolo  Rinaldo Panaccia, aveva il laboratorio in Via Mazzini (foto a lato); purtroppo infermo, non poteva camminare e aveva imparato il mestiere facendo

l’apprendista. Celibe, abitava con la sorella ed esercitò la sua professione di ciabattino da prima della guerra

fino agli anni ’80. Suo fratello Mario detto Burzugnu era un buon calzolaio, abile anche più del suo parente; amava bere e la sua carriera in questo campo non fu molto lunga.

 

 

Del 1925 Marcello Acciari, padre di Enzetto il barbiere,  ha lavorato come apprendista per qualche anno da Pecio’ padre, abbandonando poi questo campo per fare il muratore.

 

Gabriele Gatta era figlio di Pecio’, ed aveva ereditato dal padre oltre il mestiere, anche il soprannome; nato nel 1925 circa, nei primi anni esercitò la stessa attività paterna, poi per qualche tempo fu carpentiere nella ditta di Pizzicannella, riprendendo poi a fare il calzolaio. Il suo laboratorio si trovava in Via Gramsci, poco distante dalla norcineria Testa. Molto più abile  e “rifinito”  del padre,  lavorò dal ’70 al ’90 creando anche scarpe su misura. Sua moglie Maria Luisa abile sarta, ha collaborato con il marito cucendo pellami, suole e borse. 

 

Sempre del 1925 era Mireno Botti, fratello del fornaio Mariano Botti, marito della storica Pinetta: fu apprendista da un certo Pieroni e fece il calzolaio in Via Gramsci, dove poi si mise anche a vendere scarpe. Sposato, era taciturno, un uomo molto robusto e alto; in seguito ha lasciato il mondo delle scarpe ed  è andato a lavorare alla Stefer. E’ mancato lo scorso anno  a 86 anni.

 

 

Peppe diminutivo di Giuseppe Zoppi, maestro di tanti calzolai tra i quali Carletto, era uno dei migliori insieme a u Roscettu dal quale egli stesso aveva appreso in modo eccellente il mestiere. Era molto bravo e serviva i turisti e l’élite di Rocca di Papa; disegnava e realizzava modelli di eleganti scarpe che vendeva nel suo negozio-laboratorio in Corso della Costituente, in un locale vicino all’attuale Municipio (foto a lato). Nella vita privata era un forte giocatore di scopone, fino a quando non ha incontrato e sposato la Signora Caterina Zecchini di Sansepolcro, Rina, la quale prima di  conoscerlo lavorava ai Campi d’Annibale, presso l’abitazione di un imprenditore che aveva la fabbrica di medicine a Pomezia ed era soprannominato lo Svizzero. Non hanno avuto figli, ma una comune passione per quel lavoro che anche lei, una volta sposata ha imparato e condiviso con il marito, continuando anche dopo esser rimasta vedova, fino al 1990.

Per diversi anni Peppe è stato presidente e organizzatore del Concertino musicale della città, “Gli Screpanti”.  Anche il giovane Carletto è stato apprendista di questo abile calzolaio, del quale parla  ricordandolo con affetto e filiale riconoscimento. 

 

Cirillo, soprannome di Angelo Mariani era un simpatico e spiritoso ciabattino, anch’egli apprendista di Peppe. Un uomo molto in gamba, aveva il suo laboratorio in Piazza Valeriano Gatta, ma la sua carriera in questo campo non durò molto, dal 1970 al 1975 circa, perché quasi subito egli si sposò, trasferendosi a Velletri dove trovò lavoro nell’edilizia come manovale.

 

Suo padre Tullio Mariani, detto u Perchese perché la mamma era di Rocca Priora ( i Roccaprioresi erano infatti chiamati Perchesi) era un ciabattino “in proprio” nel senso che si arrangiava in semplici lavoretti, riparazioni per i familiari; era piccolo di statura e ha operato dal ’45 al ’50 circa,  fino a quando non è stato assunto come operaio alla Stefer.

 

Fratello di Squartinu era U Mutu,  soprannome di  Pio Botti; era nato sordomuto nel 1932/33 circa e ha lavorato per circa due o tre anni dal ’52 al ’55,  facendo apprendistato da Peppe. Data la sua disabilità, era comprensibilmente poco paziente e  facilmente irritabile; abitava alla Colonia; infine fu rinchiuso in un istituto per sordomuti a Viterbo.