Un'opera di Ellis Cornelia Knight che parla dei nostri luoghi

 

 

Rocca di Papa è stata meta e sosta di viaggiatori del Grand Tour che nell'Ottocento visitavano la nostra bella penisola. Tra questi, Ellis Cornelia Knight (1857- 1837) che nel suo   volume “Descrizione del Lazio ovvero La Campagna di Roma”, ce ne presenta alcuni scorci.  Tradotto dall’inglese all’italiano da Alessandro Badiale - ed.  Cavour Libri, tra le pagine è possibile replicare il soggiorno dell'autrice nel nostro territorio. La Knight   pubblicò a Londra  nel  1805, quest’opera corredata da illustrazioni da lei stessa eseguite, che riproducono alcuni scorci dei Castelli  Romani, così come ella ebbe modo di vederli e visitarli durante il soggiorno a Roma con la madre dal  1775.  

Il bravo Alessandro Badiale ha fedelmente riportato quanto osservato e descritto dalla Knight durante il suo viaggio: gli usi, le tradizioni e i costumi del nostro territorio nei primi anni dell’Ottocento. Partendo da un excursus storico  e geografico con un accenno alle antiche leggende greche e romane, la viaggiatrice inglese narra aneddoti, descrive particolari angoli, borghi e offre  piccole curiosità. Seguendola nel suo itinerario dai Laghi si arriva ai diversi paesi dei Castelli fino alle coste del Lazio, allontanandosi poi verso Tivoli e altri territori a est di Roma. Le splendide immagini riproducono le incisioni all’acquaforte su fondo giallo realizzate della stessa autrice che visitò queste zone, nel mese di ottobre, dopo le piogge di settembre.

Nel volume alcuni paesi vengono fedelmente denominati come in uso a quei tempi; per esempio città di Laricia, Grotta Ferrata, Galoro, Gensano e così via.  Anche a Rocca di Papa sono dedicate alcune pagine:   mi sono commossa nel vedere la croce  che spicca su un piccolo spiazzo di terra, in quella che oggi è la trafficatissima Piazza della Repubblica: di fronte, tra gli edifici che costeggiano una salita (l’attuale Corso Costituente), si intravede il campanile della Chiesa dell’Assunta e, sulla collina dove oggi sorgono fitte fitte geometriche simmetrie abitative, poche casupole tra la folta vegetazione. Sulla piazza uno stanco viandante con il cappello, seduto e appoggiato vicino a un masso, si riposa con il fagotto legato ad un’asta. Cespugli e sassi e,  forse,  un recinto sulla destra dove a quei tempi sorgeva il Convento di Santa Maria della Mercede demolito nei primi del ‘900 e il vicino cimitero.  Paese di  Rocca del Papa  è il titolo della tavola n. 13.

La Knight argomentando di Rocca parla, tra l’altro, delle giovani donne descrivendole come molto attraenti; esse si occupano in inverno della raccolta del ghiaccio e al giorno, per questa occupazione, ricevono “un paolo e un pasto”; aggiunge che “le genti di Rocca del Papa sono in genere molto laboriose e la salubrità dell’aria  dona loro una freschezza di colore e una vivacità nell’aspetto che sono molto gradevoli”. Rimarca infine la conformazione caratteristica del paese, “posto sul ripido pendio della montagna e le case sembrano collocate una sul tetto dell’altra”.

Conclude dicendo che le strade, salvo la principale, sembrano “gradini tagliati nella roccia e  hanno un accesso molto difficile”. La descrizione del paese è abbinata subito dopo ad una argomentazione storica su Monte Cavo (Mons Albanus), dove il panorama è “sorprendentemente ampio e piacevole” e arrivando sulla cima “si possono trovare delle sensazioni piene di ammirazione e di piacere… accresciuto dalla grande quantità di lauri che ancora crescono qui”.  Il convento dei Frati Passionisti, spiega la viaggiatrice, sorge dove imponente si ergeva “l’altare di Giove” ed è visibile “una grande porzione di un muro circolare che era quello dell’antico tempio. Sul terreno … alcune parti di cornicioni che mostrano buone sculture. Quando noi eravamo in visita gli scalpellini erano occupati nel fare una conchiglia per l’acqua santa da un pezzo di un altare antico”.  In un giorno limpido, informa la Knight “l’occhio può godere del più ampio e sublime panorama  che si… estende fino a quasi l’Adriatico (sic)  e comprende parte del territorio napoletano con una lunga catena degli Appennini”.  Motivo di delusione è invece quando un velo di nebbia ricopre tutto il panorama a valle “ tutta la scena ha l’aspetto di un’isola in mezzo a un immenso lago o di un edificio collocato sulle nubi”. Continua poi la nostra viaggiatrice valorizzando il patrimonio mineralogico di produzione vulcanica che spinge gli appassionati a salire sulla cima del Mons Albanus. 

Qui mi fermo: sollevo lo sguardo verso la cima dell’attuale Monte Cavo … ogni ulteriore commento preferisco lasciarlo a chi fino ad ora ha avuto la pazienza di seguirmi nella lettura…

Rita