"Mestieri scomparsi - 3"

(Via della Fortezza  11,  Laboratorio di Zicchiu)

 

 

Piccoli artigiani i calzolai, accomunati da un aspetto fisico che li portava ad essere non molto alti di statura e a volte con qualche piccolo difetto: queste caratteristiche giustificavano la scelta del mestiere intrapreso, non potendo queste persone essere in grado di svolgere mestieri come quello dei boscaioli o carbonai, frequenti nella zona di Rocca di Papa e per i quali era richiesta una maggiore prestanza fisica e una notevole resistenza agli sforzi.

Tuttavia a volte  tale arte manuale si ereditava dal padre o dallo zio, oppure questa attività  veniva scelta perché il mastro calzolaio con l’abilità nel fare,  aveva saputo trasmettere anche la passione per questo lavoro.

 

Federico Fondi era fratello del barbiere Cesare e parente con i proprietari del forno Baffetto in piazza Garibaldi,  ha lavorato per poco tempo come calzolaio dimostrando però di essere molto bravo e preciso. Aveva la sua bottega in una cantina di sua proprietà nella zona Casette, in pieno centro storico;  dopo la guerra preferì  lavorare nell’edilizia,  prestando la sua opera come manovale. 

 

Zicchiu, soprannome di Adolfo Polidori  era piccolo di statura e notevolmente in sovrappeso:  probabilmente per questo non aveva fatto il militare. Era molto simpatico, spiritoso, grande narratore di barzellette e aveva la  battuta pronta. Claudicante, anche se non aveva fatto il soldato, aveva messo nel suo laboratorio, proprio dietro il deschetto dove lavorava, una gigantografia che lo ritraeva con un cappello da bersagliere. I clienti che non sapevano del fatto che fosse  stato riformato, si meravigliavano sdegnati che lo Stato italiano fosse così malridotto al punto di dover arruolare anche invalidi come quel burlone di Zicchiu.  Era un ciabattino che esercitava in Via della Fortezza, sotto la macelleria di Alfiero, vicino a una altro calzolaio,  Faggio.

Durante la guerra si  trovò coinvolto in un rastrellamento: i sovversivi si dileguarono velocemente, mentre lui non potendo fuggire a causa della sua mole, si difese dai fascisti che lo avevano accerchiato roteando un bastone. Rimasto celibe, ha esercitato intorno agli anni ’40 fino al 1980. 

 

Certalana era il soprannome di   Albino  Santangeli;  non era un vero e proprio calzolaio: tagliava pezzi di cuoio, reppezzea  in un piccolo laboratorio in Via Antonio Santovetti dicendo a chi gli chiedeva di sistemare le scarpe : - Mo’  te  metto do’ pontacci! – ( ti cucio un paio di punti)

Era nato alla fine dell’Ottocento e lavorò dal ’30 al ’40 come reppezzatore.

Sposato e senza figli,  amava bere all’osteria e talvolta gli amici lo riaccompagnavano a casa un po’ alticcio.

Gli fu affibbiato quel soprannome in seguito a un episodio accadutogli tempo prima: tornando a Rocca di Papa con un sacco sulle spalle incontrò un gruppo di boscaioli di Rocca di Papa che al mattino presto si recavano al lavoro: costoro gli chiesero cosa contenesse quel carico che stava trasportando e lui non volendo si sapesse qual era il contenuto rispose evasivo: - Certa lana…-  Non si è mai saputo quale fosse il contenuto del sacco.

Cognato di Tullio Mariani, altro ciabattino riparatore del quale diremo in seguito,  Fulvio Palozzi, familiarmente chiamato Fulvietto (qui a destra il suo laboratorio in Via Campi d’Annibale al n. 14, vicino al Carpino), perché piccolo di statura era un ciabattino che  lavorava in Via Campi d’Annibale  nella piccola cantina di  ‘Mberto u Lope. Durante i bombardamenti nel 1944 fuggì verso la sua abitazione e morì sotto le macerie in via della Cava, vicino alla fontanella, poco prima del forno di ‘Gnese ‘e Rosarella. Il destino a volte chiama e noi ignari rispondiamo. Quella fontanella presenta nella parte superiore una cavità con un angolo spezzato: così è stata ritrovata sotto le macerie dopo i bombardamenti; il pezzo mancante non fu mai ritrovato. (foto in basso)

 

Richettu u furbu,  diminutivo di Enrico Ventura era un abile calzolaio che si occupava però soprattutto di scarpe da lavoro, scarponi usati per lavorare in campagna o nei boschi e per questo tipo di robuste calzature si usava pellame di vacchetta e anfibio, una pelle abbastanza pesante che richiedeva molta forza, mentre per le scarpe eleganti si usava pellame di capretto,  vitello, molto più comodo da lavorare.

Era nato nei primi anni del ‘900 e aveva il suo laboratorio in Corso Costituente, nel palazzo Fondi, attuale Municipio, dove si era rifugiata  parte della popolazione sfollata dalla guerra. Lo si ricorda anche come un buon giocatore di scopone nelle osterie ( a quei tempi a Rocca di Papa c’erano trenta, quaranta bettule)   (foto a destra)

 

Giuseppe Fazi, detto Peppiniellu  era nato anch’egli nei primi anni del ‘900: era un abile calzolaio, uno dei primi a lavorare il sughero che veniva molto utilizzato nei modelli femminili negli anni ’30/’50. Aveva appreso il suo mestiere a Roma. Il suo laboratorio si trovava in Via Leonida Montanari. Sposato con tre figli, era un grande giocatore di carte e frequentava volentieri l’osteria.  Per una seria malattia gli fu amputata una gamba.

 

Remo Gatta,  detto U ricciu,  con crespi capelli rossi era lo zio dell’ex-sindaco di Rocca di Papa Enrico Fondi. Nato nel 1912/13 circa lavorava come calzolaio in un laboratorio in piazza Duomo, poi si era spostato  in Via Campi d’Annibale,  infine aveva aperto la sua sede definitiva a Valle Violata. Svolse la sua attività  dagli anni ’30 agli anni ’60. Era una persona dura, a volte un po’ irascibile  e amava lavorare faticando nelle vigne.

Furgenzio Querini, Furgè, era un invalido civile e viveva con la sorella; per camminare aveva bisogno delle stampelle perché era nato con una menomazione agli arti inferiori. Ha lavorato come calzolaio  in Largo del Selciato dal ’30  al ’60. Laziale sfegatato, frequentemente gli amici lo accompagnavano allo stadio Torino che sorgeva dove c’è l’attuale stadio Flaminio, a vedere le partite della sua squadra del cuore.  Lo stadio Olimpico fu inaugurato, infatti,  nel 1960 in occasione delle Olimpiadi, anche se già nel 1953 l’Italia fu sonoramente battuta dall’Ungheria proprio sul campo di questo stadio.