Il castagno da legno

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2.3  RELAZIONI SU INVITO:    

 

 

Raffaello GIANNINI  e  Davide TRAVAGLINI

 

Presenta Raffaello Giannini

 

 

 

Presentazione del Moderatore  dottor  Grimaldi:

La terza relazione ha come tema “Il castagno da legno” e sarà svolta dal professor RaffaelloGiannini, che voglio presentarvi.

Professore ordinario di Selvicoltura presso l’Università degli Studi di Firenze, ha diretto Dipartimenti universitari  ed è stato Preside della Facoltà di Agraria della stessa Università. E’ stato anche direttore dell’Istituto di Miglioramento genetico delle piante forestali del CNR. E’ stato membro del Consiglio di amministrazione dell’Istituto sperimentale per la selvicoltura del Ministero delle politiche agricole.  Inoltre è accademico ordinario dell’Accademia dei Georgofili, dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto di agrometeorologia e telerilevamento del CNR ed è autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche prevalentemente di carattere sperimentale.

Devo aggiungere a queste qualifiche una notizia datami da persona che conosce bene il professore Giannini: è un cercatore di funghi capace, rapido … e fortunato. 

 

 

 

 

Alla simpatica presentazione fattami, aggiungo che personalmente sono veramente affezionato  al castagno, sia come ex proprietario di castagni, che  come ricercatore sulla specie.  Il castagno quindi per anni ha occupato molto spazio nella mia vita, di piacere e professionale.

Ciò che vi mostrerò, per molti forse saranno cose note, ma traendo spunto dalle parole del nostro Organizzatore, il momento della diffusione delle conoscenze è molto importante, al fine di cercare di realizzare quella unione tra ciò che viene detto nelle stanze spesso chiuse delle Università o del mondo della ricerca,  e il mondo che fuori deve operare. Dobbiamo riuscire a creare questo contatto, per poter utilizzare tutti i mezzi necessari alla ripresa del settore forestale e della castanicoltura.

Nel preparare questa relazione ho chiesto un aiuto al collega prof. Travaglini, che ringrazio vivamente.
Non parlerò del come valorizzare un territorio castanicolo traendo occasione dei suoi boschi a legno,  poiché ne ha trattato il dottor Vezzalini poc’anzi.

La  mia relazione è impostata  sul dare risposta a una domanda:  Possiamo valorizzare la produzione legnosa dei boschi di castagno? 

La domanda nasce innanzitutto riscontrando l’interesse, doveroso ma direi puttosto solo rinnovato, che attualmente è stato rivolto ai boschi di castagno, soprattutto per la loro produzione legnosa.

Esaminiamone le motivazioni:

 

Un fatto viene spesso dimenticato: a inizio ‘800 c’era in Italia circa un milione di ha a castagno (tra castagneti da frutto  e legno), ma erano boschi artificiali: nel passato infatti  il castagno partecipava in modo sporadico nei popolamenti forestali naturali.  Era stata infatti compiuta a livello nazionale un'opera che direi gigantesca, opera che in seguito  è andata soggetta  alle vicissitudini subìte dal territorio, nei suoi aspetti economici,  sociali e  di natura fitopatologica.  La superficie si è così negli anni ridotta sino ai circa 300.000 ha  attuali (tra castagneti coltivati e non coltivati) mentre i cedui (quelli rispondenti alle caratteristiche della specie) sono circa 400.000.

 

 

 

Castagni pluricentenari hanno ancora capacità di ricaccio fortissima e continua nel tempo. 

La conformazione dei polloni dipende molto da fattori esterni alla ceppaia: convertendo da fustaia a ceduo, la nuova ceppaia dispone di maggior illuminazione laterale e dà inizialmente ricacci più curvati, alla base, cioè di minor valore commerciale.

 

 

 

 

Ho proiettato queste osservazioni  scritte da Piccioli nel 1922,   poi  confermate da  ricerche approfondite svolte dall’Istituto di Selvicoltura di Arezzo del CRA nel 2002,  perchè  confermano  che nelle conoscenze del passato troviamo  modelli di gestione attendibili, abbiamo riferimenti affidabili, applicabili anche oggi per poter valorizzare efficacemente la produzione legnosa del castagno.

   E’ determinante il fattore tempo, perché si parla di turni pluridecennali. Ma nel mondo forestale l’unità di misura è il secolo.
Una ripresa sicura deve essere programmata in tempi lunghi.

 

 

Certo alcuni impieghi non sono più di moda, altri hanno interesse commerciale crescente.

 

Le condizioni pedoclimatiche del sito in cui si produce, incidono molto sulla quantità di biomassaricavabile.  Frazionamento e  scarsa accessibilità determinano forti aumenti di spese.

Il cinipide, riducendo la superficie fogliare utilizzabile dalla singola pianta, riduce l’accrescimento; preoccupa anche perché nel castagno la condizione vegetativa di un anno condiziona quella dell’anno successivo, con danno progressivo.

 

 

Il coefficiente di valorizzazione è inferiore a uno perché non il tutto può essere valorizzato.

 

L’imprenditorialità non è affatto un fattore secondario.

 

 

 

In questo schema grafico abbiamo tentato di trasferire  le conoscenze disponibili in vari  settori,   in un percorso che punti a realizzare una filiera il più corta possibile,  cioè quella in cui ci sia il più breve spazio  di natura economica (e quindi anche di figure economiche)    tra la produzione primaria (nel grafico è in verde) e la possibilità di accesso  alla sua vendita  (nel grafico è nell’ovale in blu),  dalla quale deriva il reddito per le persone che sono coinvolte nel processo.
      In verde c’è un bosco che ha una produzione,  e la rende disponibile  alla raccolta. Dovrebbe  seguireun unico primo passaggio:  il raccolto va a una comunità che in qualche modo è impegnata nella lavorazione,  ossia  nella conservazione e trasformazione del legno per  poi ottenere assortimenti, i quali sono il primo punto di una possibile vendita che può dare un reddito reale.    C’è un “collo di bottiglia” in questo percorso:   se dobbiamo pianificarne le azioni dobbiamo prima sapere dove e quanto si produce,  dove come e quando è possibile utilizzare un raccolto, un centro di lavorazione.  Ad oggi queste informazioni mancano,  l’inventario forestale nazionale non fornisce dati specifici per sapere dove queste risorse possono essere valorizzate (perché non tutte possono essere valorizzate);  è molto importante realizzare un inventario forestale  aggiornato e mirato:  la ricerca dispone oggi di mezzi per  attuarlo  in tempi relativamente brevi  e va riconosciuto l’impegnodel Ministero per risolvere il problema,  il cui risultato sarà importante anche a livello europeo.
       In grigio nello schema, è il percorso della parte di produzione residua (che non è stata venduta comeassortimenti  subito). Si può pensare a trasformarla (in ulteriori passaggi, più brevi possibili) in altri prodotti da vendere se possibile in vicinanza del luogo di raccolta. In proposito c’è nuovo interesse per nuovi utilizzi zootecnici, dei tannini (già punti di riferimento per la passata castanicoltura).

 

 

 

 

 

 

Chiusura del Moderatore  dottor  Grimaldi:

Un ringraziamento veramente affettuoso al  professor Giannini, con il quale ho condotto nel CNR anche tante battaglie quando egli era direttore nel suo Istituto di Firenze.

Esprimo una considerazione che potrebbe anticipare una parte delle conclusioni dell’odierno convegno: nella sua relazione il professor Giannini ha citato il fattore “secolo” quale unità di tempo forestale, e io ne faccio un riferimento ai tempi necessari per realizzare i molti interventi che il dottor Manzo nella precedente relazione ha prospettato e “lanciato”,    tutte azioni che devono essere immediate, solerti, continue, capite e attuate.

 

 

 

 

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La relazione completa in formato PDF:

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