Dino Tecchio

3.6   RELAZIONI:   

 

 

Dino  TECCHIO

 

 

Una sintesi positiva: la complessa arte dell'imprenditore del legno per sopravvivere fra tradizioni, esperienza, imprenditoria, mercati, ambiente e contributi pubblici!

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Presentazione del Moderatore Dottor  Grassi:

Il Signor Dino Tecchio, dellaSegheria di Tamiozzo C&C di Trissino (Vicenza), ci descriverà un’esperienza di evoluzione imprenditoriale, molto positiva, resa possibile, generata da due coraggiose esperienze, che definirei di cambiamento di mentalità operativa. La prima, passare dall’imprenditore che opera singolarmente, all’operare in squadra; la seconda, il legno di castagno in quanto prodotto naturale, va considerato come appartenente al settore primario e, come tale, va valorizzato e certificato.

Ringraziamo sentitamente il Signor Tecchio perché viene a dimostrarci che, anche nel Castelli Romani e Prenestini, ci si potrebbe attivare in squadra, e così conseguire gli utili che già altre volte ci sono stati esposti, dai Professori dell’Università di Viterbo e dal Dottor Carbone innanzitutto, a vantaggio di ogni tipo di operatore e dell’ambiente. In web è visitabile il sito della sua Segheria.

 

 

                  Il Signor Dino Tecchio, dellaSegheria di Tamiozzo C&C di Trissino (Vicenza)

 

 

 

 

 

Signor Dino Tecchio,  Tamiozzo C&C, Trissino (VI).

Sono onorato di essere stato invitato a questo Convegno e ve ne ringrazio.

La mia intenzione è quella di presentare l’esperienza che ho vissuto con la mia attività, raggiunta, in parte, grazie alla caparbietà che mi è propria, ma penso, come è stato detto dal Presidente, prima di tutto, grazie all’amore per questo settore del legno a cui appartengo.

Vengo dal Veneto e la mia attività si svolge sotto le Prealpi, precisamente, sotto l’altopiano di Asiago. L’orografia, è quella di una fascia pedemontana, compresa tra i due-trecento e i seicento metri, ricca di boschi di latifoglie, tra cui primeggia il castagno, come accade anche in questa zona. Sono presenti anche essenze minori che si stanno insediando, in questi ultimi anni, come, per esempio, il frassino o qualche esemplare di ciliegio. Nella parte più elevata, dai mille metri in su, prevalgono le foreste di abete, soprattutto sull’altopiano di Asiago. Allargando il discorso a tutto il Veneto, è presente un’altra zona molto boschiva nel Bellunese, con il Cadore.

La mia attività parte da giovanissimo in seguito, purtroppo, alla morte improvvisa di mio padre. Ero ancora studente e, a quell’epoca, ero senza arte né parte, per varie vicissitudini di cui non sto a dire. Mi metto a operare nel settore del legno, prima come attività commerciale: all’epoca, parlo di fine anni sessanta e anni settanta, il castagno era un’essenza molto richiesta, soprattutto nel mondo collegato all’agricoltura. Ricordo l’utilizzo del castagno per la realizzazione dei tini, visto che la zona del Veneto è ricca di vigneti; i pali per la produzione di mitili, a Venezia; e ricordo ancora che mio papà forniva pali per i telegrafi: quelli in castagno erano considerati i migliori.

Il mondo, purtroppo, cambia, si evolve e passa, repentinamente, ad altre necessità. All’attività di commercio, aggiungo la segheria per far fronte alle prime necessità che ha il settore del mobile, ben sviluppato nel Veneto, in cui veniva richiesto anche il castagno per la realizzazione di antine per cucine.

Quasi improvvisamente, poi, se da una parte, cresce la domanda importante, dall’altra, proprio per la collocazione geografica del Veneto, si allargano i mercati e comincia a pesare la presenza massiccia dell’Austria, per quanto riguarda l’abete, e quella dell’est Europa, per quanto riguarda le latifoglie. Ecco che, per il calo della produzione, le nostre piccole segherie tendono quasi a soccombere, minacciate dalla presenza di una forte concorrenza, sia per i prezzi che per la qualità.

All’epoca, arrivo quasi a pensare di chiudere l’attività perché la vedevo senza un futuro; la mia caparbietà, però, come dicevo, mi porta a pensare che qualcosa posso ancora farla. Altro motivo che mi ha spronato è stato il rendermi conto che, quello che ospitava la mia segheria, è un piccolo paese della pedemontana veneta, cresciuto in modo straordinario, non a caso si è parlato di “miracolo del Nordest”. Si assiste a un notevole ampliamento residenziale, a un altrettanto notevole sviluppo produttivo, che arriva ad avvolgere completamente l’area sede della mia segheria, tanto da sentirmi quasi come un pesce fuor d’acqua, anche perché, pur non svolgendo un’attività inquinante, un osservatore superficiale poteva pensarlo.

Ricevo pressioni dal Comune affinché sposti la mia attività. È a quel punto che mi chiedo: “perché il mio settore, che trasforma un prodotto naturale, quasi agricolo, non può essere considerato settore primario e godere delle facilitazioni riservate al settore primario e, soprattutto, beneficiare di qualche aiuto?”

Comincio a darmi da fare, ma non trovo un’alternativa alla sede nell’area industriale. Conosco un agronomo che mi suggerisce (siamo quasi al giorno d’oggi) che il PSR della Regione Veneto, nella misura 123 del PIF, prevede delle possibilità, soprattutto economiche, quindi contributive: chi lavora il legno, pur come seconda lavorazione, in quanto segheria e trasformazione, è da considerare appartenente al settore primario in quanto la cascata del beneficio che provoca va a finire anche sul territorio.

Mi do da fare e cerco di aggregare una rete di imprese che operano a valle della mia attività, ma devo cercare anche tutti i produttori che operano a monte, compresi quelli del settore di produzione forestale. Trovo un signore che nei Colli Berici ha una grossa proprietà boschiva, tra l’altro ricadente nei piani SIC. Questo ci ha consentito di acquisire un notevole vantaggio di punteggio con il quale abbiamo ottenuto l’approvazione di questa filiera, la prima o la seconda nel Veneto, che è stata nominata: “Valorizzazione della filiera forestale della montagna e della collina del Veneto”.

Prima, forse, ho detto che vi avrei portato la mia esperienza, con risultati positivi, ma anche coi lati negativi o, perlomeno, quei traguardi non ancora raggiunti, secondo il mio pensiero. Otteniamo, dunque, l’obiettivo di costituire un’Associazione temporanea d’Impresa, tra soggetti del settore, e lo otteniamo, soprattutto, per quanto riguarda i contributi regionali del PSR. Non raggiungiamo ancora gli auspicati miglioramenti normativi, tali da facilitare il reperimento delle aree e delle zone più idonee per svolgere l’attività.

Abbandonato il pensiero di chiudere l’attività, rinvigorito dal risultato, non solo del contributo, ma anche del riconoscimento ottenuto, riattivo la mia produzione e la sposto dal settore finalizzato, prevalentemente, ai mobilifici, a quello della carpenteria perché ritengo che sia importante reinserire il castagno nel settore delle costruzioni, soprattutto nella ristrutturazione.

Sposto, purtroppo a mie spese, la segheria; col contributo ricevuto, la integro con gli strumenti operativi e i macchinari necessari per raggiungere tutta la gamma della produzione interna: dalla segheria alla carpenteria finita.

Sottolineo che questa filiera ha ottenuto, da tutti i soggetti, un investimento complessivo di un milione e mezzo di Euro, di cui seicentomila Euro a fondo perduto. Come accennavo, però, l’obiettivo è sì stato raggiunto, ma, forse a causa dell’individualismo tipico, soprattutto, di noi del nord, la filiera era più sulla carta che sull’effettiva operatività.

Non contento dell’obiettivo raggiunto, parlando con altri operatori del settore, appartenenti a tutto il territorio veneto, riusciamo, in questi ultimi due o tre anni, a conseguire, assieme ad altri, un altro importante obiettivo, quello di raggruppare alcuni soggetti nel “Consorzio Legno Veneto”.

Il “Consorzio Legno Veneto”, pur non avendo ancora raggiunto la piena funzionalità, si prefigge, da parte di operatori produttivi, il riutilizzo del legno che cresce in abbondanza nelle nostre zone.

È opportuno sottolineare, non solo per quanto riguarda il castagno, ma soprattutto per l’abete, che le foreste dell’altopiano di Asiago, di proprietà comunali, e il Bellunese con il Cadore, in cui le proprietà sono delle Regole Cadorine, un associazionismo che esiste da centinaia di anni; darebbero, solo con l’accrescimento dell’esistente, tutta la massa legnosa di abete che importiamo dall’Austria.

A volte dimentichiamo, per primi noi operatori che, magari, fino all’altro giorno scrivevamo sulle nostre brochure, ‘legno austriaco o legno d’importazione’, come fosse il migliore del mondo, dimentichiamo, dicevo, soprattutto noi Veneti, che la Serenissima Repubblica di Venezia, trecento, quattrocento anni fa, gestiva le foreste ancora prima che qualcuno se lo sognasse; qualche studioso mi diceva che nel Cansiglio facevano, addirittura, crescere gli alberi piegati per fare gli alberi… o la chiglia della nave, adesso non ricordo bene. Abbiamo, quindi, una cultura e una conoscenza del settore che non è seconda a nessuno; inoltre, questa massa enorme di legno, non coltivata e non gestita, crea anche delle problematiche in un territorio mal gestito che potrebbe, altrimenti, avere un certo appeal turistico.

La potenzialità di quello che abbiamo raggiunto raggruppandoci, prima nella filiera specifica del castagno, poi nel settore del legno veneto, è ancora latente; un po’, penso, per colpa di noi operatori che, inizialmente, ci crediamo e ci vantiamo di aver ottenuto qualche risultato, dimenticandocene, subito dopo, considerando più comodo, e anche economicamente conveniente, alzare il telefono e ordinare un autotreno di legno lavorato, dall’altra parte del mondo!

Negli anni novanta, come abbiamo visto, riesco a rilanciare l’attività e a entrare nel “Consorzio Veneto”. Il Veneto ha 400.000 ettari di bosco, di cui utilizza meno di un quinto dell’accrescimento; gli Austriaci vengono in Friuli, un po’ meno nel Veneto, acquistano lotti di terreno boschivo, tagliano gli alberi a raso, utilizzando i macchinari Harvester (da noi, invece, utilizzati con limitazioni), determinando, anche il degrado del territorio e del sottosuolo e limitando l’accrescimento, consentito, invece, con il taglio selezionato che pratichiamo noi.

In conclusione, le esperienze vissute sono state interessanti, mi hanno dato la forza di continuare a esercitare in questo settore che, come quello agricolo, è molto appassionante, ma un po’ meno redditizio. A voi, e a noi tutti, dico: “Speriamo che gli operatori del settore ci credano sempre di più, ma soprattutto che le Istituzioni colgano questo momento difficile per il manifatturiero italiano, e il nostro non è altro che uno dei manifatturieri italiani che potremmo rimettere in piedi e far progredire. Cerchiamo di farci tanti auguri e proseguire con questi obiettivi.”

Qualche ultimissima testimonianza.

Oltre alla carpenteria in castagno, utilizzo anche la carpenteria in abete e fornisco tavolame ad alcune aziende, una nel Vicentino, una nel Trevigiano, che producono il cosiddetto “muro massiccio di legno”. Abbiamo avuto l’occasione di realizzare l’ampliamento di una scuola, mettendo in atto la filiera a chilometri zero: le piante sono cresciute e sono state tagliate sull’altopiano di Asiago; tramite il mio fornitore, sono arrivate da me, le ho segate, quindi, a quaranta chilometri circa, le ho ritornate al Brenta, dall’Azienda che fa il sistema di parete MHM, quello inchiodato coi chiodi di alluminio. Per l’ampliamento di questa scuola,in una frazione di Schio, che è stato notato da Lega Ambiente, da cui si potevano aspettare delle riserve, verso un operatore del settore legno, abbiamo, invece, ricevuto dall’Università di Camerino, credo, il primo premio di “sterminata bellezza” per aver messo in atto,oltre al bel disegno architettonico, anche la filiera, veramente, a chilometri zero.

È da aggiungere che tutti i boschi di proprietà comunale dell’altopiano di Asiago, come quelli del Bellunese e delle Regole, sono tutti certificati PEFC. Abbiamo costituito un’Associazione Forestale Vicentina con cui ci stiamo muovendo, nonostante la burocrazia sia un po’ troppo pesante, per quanto riguarda i boschi del castagno della fascia pedemontana, tutti di proprietà privata, per far sì che i singoli proprietari, aderendo a questa associazione, possano ottenere, anche per il castagno, la certificazione PEFC. Si tratta, però, di una strada molto in salita e laboriosa.

Ecco, infine, alcuni esempi della mia attività: l’abitazione; una sopraelevazione fatta in centro a Verona in cui è stato utilizzato tutto legno veneto e tutta la casa in legno; il castagno delle nostre zone trasformato in trave.

Altra nota dolente: finora non ho fatto nessun intervento nella mia provincia, ma prima ho sentito parlare del Bresciano, chissà se gli operatori del Bresciano sono un po’ più sensibili.

Vi ringrazio.

 

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