Felice Ragazzo

3.1   RELAZIONI:   

 

 

Felice RAGAZZO

 

 

Celebri archetipi, nuove architetture: castagno sempre bene, ma ...

 

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Presentazione del Moderatore Dottor  Grassi:

Il Professor Felice Ragazzo si è dedicato al design fin da giovanissimo, un po’ per tradizione famigliare, ma soprattutto per passione propria. Partendo dai primi studi di indirizzo artistico-artigianale presso la Scuola Statale d’Arte negli anni ‘’55 – ‘’60 e da giovanile Diploma di Maestro d’Arte per il legno e l’arredamento, presso l’Istituto d’Arte di Bologna, nel ‘’62, ha poi operato come autodidatta presso industrie qualificate producendo pubblicazioni su legno, geometrie e design. Ha attuato docenze e collaborazioni varie, sia con l’Università di Roma Tor Vergata e l’Università Roma Tre, sia con alcuni Stati del Brasile.        

Il suo impegno più assiduo recente presso il Corso di Laurea in Disegno Industriale, all’università La Sapienza di Roma, docenza per alta formazione. Mi ha detto anche che si accinge, ora, a condurre un impegnativo corso semestrale su “modellazione virtuale 3D e simulazione Cad Cam” in tema di carpenteria lignea, presso la Scuola di Formazione Professionale di ordinamento comunale Nicola Zabaglia in Roma. 

Notizie dettagliate sulla sua attività professionale sul legno sono in web nel sito: www.feliceragazzo.it

 

 

                                                      (Il Prof. Felice Ragazzo)
Il Professor Felice Ragazzo

 

 

 

 

 

Professor Felice Ragazzo, Univ. La Sapienza (RM).

 

 

 

Ringrazio molto il Dottor Grassi di questa presentazione, apparentemente formale, ma piena di sensibilità.

Dei sedici minuti assegnati alla mia relazione, userò trenta secondi per una considerazione che spero condividiate: osservando il quadro degli interventi, credo che potremmo definire, quello odierno, il Convegno dei puntini di sospensione e dei punti interrogativi. Questo denota, a mio avviso, la fertilità del lavoro che stiamo svolgendo; significa che, pur avendo alcune certezze, tantissimi sono i punti su cui occorre discutere per andare avanti.

Io provengo dal mondo del legno, i pezzi di legno che ho sistemato sul tavolo ne vogliono essere testimonianza.

Mio nonno ha fondato un’azienda più di cento anni fa, mio padre l’ha condotta per tutto il periodo della sua vita attiva, in quell’ambito ho imparato moltissime cose; in seguito, ho proseguito con studi più ufficiali, pur rimanendo, sostanzialmente, un autodidatta.

Il mio compito, stamattina, è di parlare dell’utilizzazione del castagno come materiale da lavoro; tenterò, comunque, di muovermi tenendo presenti i temi della forestazione, della selvicoltura, etc. etc., che ho, peraltro, potuto orecchiare, durante la mia pluriennale attività.

 

 

Cercherò di argomentare il mio pensiero seguendo quattro punti:

·         Dobbiamo rispettare la tradizione e valorizzarla, ma…

·         È necessario, anche, considerare la nostra attuale situazione.

·         Mi sento di dichiarare oggi, qui, di nutrire un sufficiente ottimismo, ma…

·         … ecco i puntini di sospensione: esporrò ciò che, secondo me, non va.

Inizio da ciò che è stato. In un libro, realizzato anni fa da Federlegno, anche col contributo di validi studiosi dell’Università, qui rappresentata dalla Professoressa Romagnoli, abbiamo documentato il meglio del patrimonio ligneo nella Regione Lazio. Ho scelto alcune schede in cui si certifica che le strutture sono di castagno.

 

 

Questo è un soffitto a lacunari della Biblioteca Vallicelliana (progettista Francesco Borromini), si tratta di un magnifico castagno storico.

 

Quest’altra opera magnificente è la copertura d’altana del Palazzo Chigi di Ariccia (progettisti Lorenzo Bernini e Carlo Fontana), anche in questo caso, si tratta di magnifico castagno storico.

 

 

Veniamo, ora, a un’opera minore di Francesco Borromini; si tratta della scala interna alla torre dell’orologio del Palazzo San Filippo Neri, a Roma. Purtroppo un intervento di “restauro”, realizzato con il frullino, ha cancellato per sempre le tracce della lavorazione originale in un’opera importantissima per la cultura del legno; queste tre fotografie, che ho solo io, realizzate per la pubblicazione della Federlegno, sono l’unica testimonianza rimasta della lavorazione originale.

 

 

Evidenziamo, ora, l’attualità.

Per questa relazione ho cercato, anche documentandomi sul web, di concentrare in due pagine una rassegna di opere che a mio parere sono significative dello stato attuale e della filosofia di utilizzo del castagno.

Casualmente ho trovato questa immagine, tratta da un sito del Bresciano, che riporta una bellissima struttura, forse non proprio antica, ma comunque vecchia, dove il castagno è stato lavorato con criteri tradizionali, con delle apparecchiature assimilabili presumibilmente, a quelle di un cantiere semplificato. Mi sembra che ci troviamo di fronte a una struttura di forte carattere e, allo stesso tempo, a una bella struttura.

Sopra la fotografia di quella vecchia, vediamo invece due strutture attuali, realizzate da imprese importanti  (lo si può dedurre dalla fitta presenza di loro riferimenti sul web: sanno anche ben utilizzare gli strumenti della comunicazione attraverso le nuove tecnologie). Da quanto si vede nei documenti presenti, però, alla luce delle tecniche di trasformazione del materiale oggi disponibili, non sembrano cogliere le opportunità che quelle tecniche offrirebbero. È come se perpetuassero, in qualche modo, una visione arcaica dell’uso di questo materiale.

Riporto una notizia di pochi giorni orsono, non inserita in questo powerpoint, anche per brevità: ieri a Udine, in un Convegno analogo a questo, è emerso che in un imminente futuro, nel sistema delle costruzioni, un progetto per essere approvato, dovrà essere realizzato secondo l’acronimo BIM, che sta per Building Information Modeling, intendendo un sistema di progettazione virtuale che consenta la realizzazione di tutti i pezzi da portare in cantiere per l’assemblaggio; non sarà più possibile, quindi, realizzare pezzi approssimativi da adattare poi in loco.

Ecco, secondo me, uno di quei temi da trattare, analizzare e sviscerare in un prossimo Convegno come questo.

 



In questa breve rassegna, ho inserito anche immagini di imprese che operano in questo ambito, che conosco personalmente e che reputo solide per tradizione; esse hanno perseverato nel costruire e portare avanti un discorso financo generoso. A mio parere però, il loro modo di operare non potrebbe essere inquadrato in questa nuova visione europea che si condensa nel nuovo acronimo BIM, che dovremo fare nostro e che io stesso dovrò ben studiare nelle sue implicazioni, per poter progredire.

 

 

Ho voluto inserire anche queste immagini, di un’impresa a me nota che ha sede a cavallo tra Piemonte e Liguria, vicino ai luoghi in cui sono nato. Si è dotata, da poco, di un centro di lavoro a controllo numerico, di tipo non convenzionale; non si tratta infatti di un centro in cui tutto è già programmato e parametrizzato, dove è sufficiente schiacciare dei bottoni per ottenere i pezzi fatti; questo a controllo numerico ha una maggiore flessibilità che consente al progettista, all’artigiano, quindi al fabbricante, di condizionare gli sviluppi della produzione, in una sostanziale flessibilità. Anche in questo caso, tuttavia, non emerge un dialogo fertile con ciò che è nel futuro.

Per oltre dieci anni ho fatto parte (ora non più) dell’Osservatorio Permanente per il Design, un osservatorio nazionale che pubblica “Il meglio del Made in Italy” diffusa in tutto il mondo. E sto cercando di inquadrare ciò che espongo, alla luce di quella esperienza che, tra l’altro, da luogo a un importante evento triennale: il Compasso d’Oro. In questo ambito, invito le imprese presenti a dare prodotti di eccellenza che possano essere inseriti in questo index del design. Vi assicuro che nessuno dei prodotti che ho mostrato entrerebbe nell’index del design, e ora ne vedremo le ragioni.

 

 

 

DI fronte al mio studio c’è questa staccionata, realizzata un anno e mezzo fa. Mentre la stavano realizzando, dicevo al geometra che stavano sbagliando, che non avrebbero dovuto usare la motosega in quel modo; lui mi guardava con tenerezza, come a dire: “Lei chi è? cosa vuole?” Dopo quindici giorni s’è spaccata; dopo sei mesi, su questi pali piantati a terra, è nato questo bel fungo, e non si tratta di spore fungine, né di rizomi, sono i corpi fruttiferi!

Questo tipo di produzione può funzionare per un parco, ma non è certo adatta per andare in Europa. E questo lo affermo con chiarezza.

 


 

Consideriamo, ora, delle situazioni in cui si pensa, lucidamente, in grande, pur se con legni diversi dal castagno.

In queste immagini, che fanno parte del mio repertorio, si può vedere una casa finlandese pubblicata su Puu, una rivista d’eccellenza di quel Paese che ricevo ogni tre mesi e che, ogni volta, sfoglio con terrore, per una ragione che vi dirò più avanti. È pur vero che, quello che sto facendo io con il legno, insieme a valentissimi collaboratori, non lo fanno neanche in Finlandia, e ciò mi rende tranquillo.

Ci troviamo in un altro mondo, c’è un’altra visione; anche se, in Finlandia, usano, chiaramente, il legno di conifera, e in questo sono bravissimi.

Appare singolare che Renzo Piano, così celebrato come innovatore, realizzi il teatro dell’Aquila sette o otto anni dopo questa casa, pubblicata su Puu nel 2006. Si potrebbe quasi pensare che abbia copiato.

 

 

Questa serie di immagini, sempre prese dal web, provengono dal Politecnico di Losanna (Exposition Timber Project), sarebbe di aiuto visionarne i video.

Nel vedere questi lavori, mi sono detto: “Cosa vado a fare alla Sapienza, senza i laboratori…!?“; sono stato preso dallo sconforto. Hanno fatto mostre, hanno sperimentato, i pezzi che abbiamo visto sono stati sottoposti a prove di carico.

 

 


 

Per chiudere esporrò un’esperienza. Dal web ho preso un tetto qualsiasi, il monaco. Si può vedere, è enorme, giustamente sovradimensionato perché, in questo punto, si creano delle frammentazioni, per i tanti incastri, i tanti pezzi che si giuntano.

Dopodiché ho realizzato modelli, presso Legno Meccanica, azienda che vende macchine, di un tetto sperimentale e ho sperimentato una cosa: gli incastri arrotondati. Arrotondando, infatti, elimino le concentrazioni di sforzo; non lo fa nessuno, ma mi sembra incredibile. Oggi, col CNC, è facilissimo farlo. Io sto facendo degli esperimenti, quasi dei video giochi, ma ho realizzato dei pezzi di legno, non delle teorie, e rivendico con orgoglio quello che sto facendo, mi dispiace solo che non sia castagno.

 

 

 

Questo è il processo di modellazione che ho sviluppato e presentato in una fiera, due anni fa. Questi erano gli esempi, tra cui, protesi metalliche.

 

 

In questa recente pubblicazione, sono riportati gli studi che sto facendo: applico il castagno nell’orologio di Archimede; un vero orgoglio per chi progetta disegno industriale!

 

Dunque, da quanto ho detto, seppur rapidamente, si può ben capire che qualcosa non va…..

Chiudo, senza commentare, visto che il tempo è concluso, con questa diapositiva, nella quale ho inserito alcune  indicazioni che, secondo me, andrebbero considerate e valutate.  Il mio obiettivo è di contribuire a per porre rimedio a quanto ancora non va bene nel settore di utilizzo del legno di castagno,  e in tal modo costruire un futuro migliore.

Spero di avere svolto un discorso sufficientemente chiaro e comprensibile.

 


 

 

Domande dal pubblico e relative risposte.

 

Domanda:“Quale legname potrebbe essere adatto per la costruzione di cupole geodetiche e per altri utilizzi, quali residenza sociale, sale convegni eccetera?”

Risposta:  Mi è stata posta, probabilmente senza saperlo, una domanda che tocca un tema a me particolarmente caro; sul mio sito, infatti, sono presenti mie esperienze ed esercitazioni, protratte nel tempo, sulle strutture reticolari e sui poliedri regolari da cui derivano le strutture geodetiche.

SI tratta della stessa matrice geometrica, per usare un esempio piuttosto comune, delle singole parti che costituiscono il pallone di calcio. Curiosamente, però, è la stessa matrice, che costituisce la parte più piccola del Grafene, un nuovo materiale di cui si comincia a sentir parlare, ma di cui molto si sentirà in futuro. La costituente elementare di questo materiale è una molecola, chiamata, Fullerene, da Buckminster Fuller, un grande studioso e un grande realizzatore di molte cupole geodetiche, tra le quali, una delle più famose, fu realizzata a Ottawa in occasione di un evento internazionale.

Le cupole geodetiche erano già note ai Greci.

Insieme a un gruppo di giovani architetti, spero di brevettare, prossimamente, dei nuovi tipi di giunzione del tipo di quelli che ho brevemente illustrato prima, ma molto più avanzati e più complessi. Ho già progettato due cupole geodetiche, realizzate con questi nuovi concetti strutturali che stiamo studiando.

Quale legno usare, mi si chiede.

Prima di tutto, occorre tener ben presenti le importanti caratteristiche della “fibratura del legno”, già conosciute e studiate a fondo. Tali caratteristiche, vengono molto ridotte, se non vanificate del tutto, con la stereotomia poliedrica: la lavorazione di taglio effettuata con sega e scalpello. Si viene a perdere, così, il vantaggio derivante dall’uso del legno, proprio per le caratteristiche della fibratura. Le giunzioni, realizzate con quei metodi, costituiscono una debolezza strutturale, a meno di non ricorrere al sovradimensionamento delle stesse. Con un nuovo modo di concepire le giunzioni, invece, si può ridurre questo sovradimensionamento. Spero ci sarà la possibilità di sviluppare questo argomento, in un’altra occasione.

Il castagno è il migliore dei legni, per fare una struttura lamellare, anche se non possiamo ignorare i legni tropicali (ad esempio l’Ipé) dotati di una massa legnosa maggiore e di una più lunga durabilità, che chiaramente funzionano.

Secondo me, però, il castagno, è un legno ideale per realizzare delle strutture, prova ne sia che, nel disegnare queste cupole, che spero qualcuno mi permetta di edificare in qualche luogo, ho previsto l’utilizzo del castagno.

Mi spingo oltre, riferendomi specificamente al legno di castagno del Vulcano Laziale e dei Monti Cimini, per quanto è emerso da ricerche fatte anche dal Professor Fioravanti che ne parlò. E il Professor Fioravanti, è il migliore, in Europa.

Se realizzassimo una cupola geodetica col castagno, costituirebbe un evento di grandissima portata mediatica.

 

 

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