La vespa cinipide del castagno

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6.3.1     LA VESPA CINIPIDE DEL CASTAGNO, Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu

 

 Giorgio Grassi   (MiPAAF)

 

Introduzione

     L’insetto Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu (ordine Hymenoptera, famiglia Cynipidae, che comprende molte specie capaci di indurre sulle piante ospiti la formazione di galle) è ritenuto a livello mondiale il più nocivo per il castagno.  Originario della Cina, fu accidentalmente introdotto in Giappone (1941), Corea (1963), Stati Uniti (Georgia, 1974), Nepal (1999), Italia (Cuneo 1997-98, ma segnalato ufficialmente solo nel 2002). In Europa si è diffuso in Slovenia, Francia-Corsica, Svizzera e Croazia, mentre in Olanda e Ungheria stanno tentando di debellarlo (Alma e Quacchia, 2011). Nuove segnalazioni del 2012 riguardano Spagna e Germania.  Nel nostro Paese rappresenta ora la principale emergenza fitosanitaria del castagno.

 

Il parassita Dryocosmus kuriphilus

L’insetto, detto comunemente “il cinipide orientale”, “vespetta cinese”, “la cinipide”, è una piccola vespa, lunga 2-2,5 mm (4-4,5 con le antenne), nera con zampe un po’ giallastre; è presente nei castagneti da inizio giugno a fine luglio, a seconda delle condizioni ambientali (è monitorato con le comuni trappole-esca gialle usate per la mosca delle olive). Ogni femmina è partenogenetica (cioè genera senza l’intervento del maschio), depone non più di 250 uova nelle gemme (laterali e apicali) dei germogli del castagno, generalmente tenendo la testa rivolta alla base della gemma. Sulle gemme, attorno ai fori compaiono areole rosse (non in tutte le varietà di Castanea sativa), spesso visibili con lente d’ingrandimento; con la quale, sezionando la gemma con una lametta, si possono riscontrare le uova raggruppate. I segni delle ovodeposizioni scompaiono in pochi giorni e le gemme rimangono asintomatiche. Dopo 30 giorni dall’ovodeposizione (in agosto e autunno) compaiono le larve e crescono lentamente, svernano allo stadio di prima età; in primavera alla ripresa vegetativa della pianta riprendono l’attività trofica, sui germogli colpiti si formano galle di forma irregolare, il cui colore vira dal verde al rosso più o meno acceso, che si ingrossano sino a qualche centimetro. Nelle galle le larve crescono attraverso altri due stadi (tre stadi larvali totali (Viggiani e Nugnes, 2010), poi si impupano (persino 20 celle per galla) e da lì le femmine fertili sfarfallano in giugno, forandole. Le galle seccano e imbruniscono, restano in pianta anche per più anni. L’insetto compie una generazione l’anno. (Fig. 1).

Fig. 1:  Dryocosmus kuriphilus:  1: galla su foglia;   2: galle su ibrido euro giapponese;   3: femmina ovoponente;   4: galle su castagno europeo;   5: galle su amenti;   6:  galla sezionata. (Da Bosio G. 2009).

 

Danni causati dal cinipide

I germogli emessi dalla base del rametto sono i più colpiti nelle loro funzioni di creare nuova vegetazione: le foglie non fotosintetizzano, i rametti non crescono, seccano. La chioma non si rinnova nelle parti colpite (a partire dalle parti basse), le piante deperiscono. La  Castanea sativa è vigorosa, perciò inizialmente le piante non muoiono (a meno che siano giovanissime o molto piccole). Ma si indeboliscono progressivamente, diventando sensibili ad altre malattie e avversità biotiche e abiotiche (cancro della corteccia, mal dell’inchiostro, muffe dei frutti, molto altro).
I danni riscontrati in Italia sono stati superiori a quelli del Giappone, a causa della maggior suscettibilità del castagno europeo. Tuttavia dopo luglio, in annate a temperature e piogge favorevoli, la C. sativa può fare una seconda emissione di germogli che, non infestati dal cinipide, possono dare una fruttificazione in novembre (frutti non belli ma buoni, dipende dalle varietà). Inoltre la Castanea sativa porta le gemme miste (cioè anche i frutti) verso l’apice del germoglio, cioè un attacco lieve di cinipide non annulla la produzione, ma la risparmia. In Giappone invece la Castanea crenata ha molte gemme miste (e frutti) lungo tutto il germoglio, e il cinipide ha abbattuto la produzione drasticamente. Tuttavia la C. sativa, se attaccata intensamente e non mantenuta in vigoria, fruttifica poco.
Nei cedui l’accrescimento è frenato, raramente si arresta, la pianta tende ad allungarsi.
Sono in corso studi di valutazione dei danni, per quantizzare quelli realmente causati dal cinipide (a frutteti, a cedui) a fronte di quelli attribuibili ad altre avversità (biotiche e climatiche).

 

Lotta biologica con Torymus sinensis

Per contenere il D. kuriphilus, è stato introdotto in Italia il suo antagonista Torymus sinensis, una vespetta cinese che importata dalla Cina in Giappone e in USA fu efficace: in Giappone dopo dieci anni dalla sua introduzione, la popolazione di cinipide è stata abbattuta e dopo venti i germogli attaccati sono relativamente pochi (Alma e Quacchia 2011); a circa trenta anni dalla sua introduzione dalla Cina, sembra abiti la sola specie Castanea. Il ricercatore giapponese Seiichi Moriya del National Agricultural Research Center di Ibaraki fu contattato, fornì al dr. Bosio del Servizio Fitosanitario Regionale le prime galle nel 2003 che furono affidate al DIVAPRA; dal 2005 con  la collaborazione della dr.ssa Quacchia e il know-how fornito dai ricercatori giapponesi  fu possibile effettuare i primi rilasci in campo del parassitoide.  Ora il Piemonte ha le conoscenze più avanzate sull’argomento: subisce il cinipide da oltre 12 anni, ha enti pubblici attentissimi al problema, un Centro di studio sul Castagno e un apparato universitario di tutto rispetto sia per agronomia che entomologia. Il Prof. Alma (ex direttore del DIVAPRA dell’Uni-TO, ora DISAFA) ha coordinato le ricerche,  il Torymus è stato distribuito nei castagneti del Piemonte (con tale abbondanza che dopo 8 anni si notava già una ripresa di taluni impianti cuneesi), poi in altre regioni che lo stanno moltiplicando e diffondendo  grazie alla collaborazione dei locali entomologi e, doverosamente, dei Servizi Fitosanitari Regionali. Un “Protocollo di attuazione della lotta biologica al cinipide orientale del castagno con Torymus sinensis” (DIVAPRA 2010) è stato allegato all’elaborato del Piano del Settore Castanicolo stilato dal Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF 2010) e sono state opportunamente divulgate le misure adottabili per contenere il cinipide in Europa (Quacchia et al. 2011b).
L’antagonistaTorymus sinensis  Kamijo(superfamiglia Chalcidoidea, ordine Hymenoptera) è parassitoide specifico del D. kuriphilus. Come il suo ospite ha una sola generazione annuale. Le femmine sfarfallano a partire da fine marzo a fine maggio, come adulti vivono un mese o poco più, si accoppiano, depongono le uova (circa 70 per femmina) dentro le galle in cui il cinipide sta sviluppandosi (sul corpo del cinipide stesso o sulle pareti delle celle larvali in cui è); dalle uova del T. sinensis presto escono le larvette ectoparassite che vanno a nutrirsi delle larve mature del cinipide; durante l’inverno si impupano nella galla stessa, esternamente imbrunita, dalla quale sfarfalleranno gli adulti nella successiva primavera (Quacchia et al. 2011a).

Le galle diventano così  il veicolo per trasferire il prezioso T. sinensis ad altre aree castanicole, ma la tecnica da seguire è molto dettagliata, richiede un laboratorio, tempistiche, conoscenze e precauzioni che il solo personale specializzato possiede. Non è stato semplice infatti distinguere il T. sinensis da altre specie di Torymus, inoltre la riuscita della lotta può essere quasi pregiudicata da un errato rapporto tra numero di femmine e maschi (ottimale se poco superiore al 2/1), dal fatto che se le femmine non si accoppiano quasi subito dopo lo sfarfallamento rifiuteranno il maschio e deporranno solo uova da cui usciranno maschi; dal fatto che, sfarfallando scalarmente, devono essere allevate in laboratorio sino al momento del lancio all’aperto. Perciò è necessario ricorrere all’esperienza e agli adulti di T. sinensis forniti dagli esperti che curano le aree di moltiplicazione.

“Aree di moltiplicazione”. Il  T.sinensis non è moltiplicabile in laboratorio ma direttamente nei castagneti  in cui è già il cinipide, che costituirà cibo per le larve del parassitoide utile.
L’area di moltiplicazione va strutturata per ottenervi molti T. sinensis, che da lì saranno prelevati e destinati a essere “lanciati” nelle “aree di diffusione”. L’area di moltiplicazione perciò è ubicata in area distante dai castagneti (verso i quali subito si rivolgerebbe il parassitoide, che invece inizialmente va concentrato), fitta di piante di castagno (se non è ceduo già fitto, all’occorrenza si possono portare piante dai vivai), basse per poter poi raccogliere facilmente le galle (gli ibridi euro giapponesi hanno taglia relativamente bassa), fortemente infestata da cinipide (se si costituisce ex novo, meglio usare la varietà di ibrido euro giapponese Marsol, che è più suscettibile al parassita). Perché un’area di moltiplicazione possa fornire Torymus passano 2 o 3 anni dall’introduzione in esse del parassitoide.
Prima che avvenga lo sfarfallamento primaverile del T. sinensis, tra dicembre e marzo le galle che lo contengono sono raccolte e dalle aree di moltiplicazione portate in laboratorio e lì pulite, protette. Gli adulti che sfarfallano sono identificati, esaminati per sesso, accoppiati (10 femmine con 5 maschi), nutriti, infine trasferiti alle aree di diffusione.

“Aree di diffusione”. In pieno campo si preferiscono appezzamenti all’interno o in prossimità di estese aree castanicole (purché non trattati con insetticidi), fortemente infestati da cinipide (così il T. sinensis trova subito da moltiplicarsi) ma non già debilitati, ben esposti (così che il vento possa poi disperdere il parassitoide), con facile accesso. Vi si lanciano almeno 150 adulti (50 maschi e 100 femmine) di T. sinensis. Il momento ottimale di rilascio corrisponde alle fasi fenologiche del castagno “d”, “e” ed “f” della catalogazione fatta da Bellini (Bellini et al. 2006).  A inizio dell’anno successivo si esaminano le galle per verificare che si sia insediato stabilmente (se no si ripete il lancio sfalsando di un poco il sito di rilascio). Se due siti di rilascio distano tra loro 8 km, le popolazioni si congiungeranno in 5 anni, se 20 km in 7 anni (DIVAPRA 2010).
 Si stima che il T. sinensis  abbia un tasso di moltiplicazione del “10x”, cioè rapido.  Da anni sono in studio gli eventuali possibili suoi effetti collaterali negativi (es.: parassitizzazione di cinipidi autoctoni, ibridizzazione con specie di Torymus autoctoni) con risultati sinora rassicuranti.
La lotta biologica classica con Torymus sinensis  risulta essere sinora la più efficace e sostenibile.

 

Altri tipi di lotta applicabili o in studio

      Prevenzione: nelle ormai poche aree non ancora infestate, l’unica difesa efficace è prevenire l’ ingresso del cinipide nei frutteti, verificando che il materiale di propagazione che si acquista (o selvatici, o astoni cioè piante già innestate, o marze con cui si innesterà da febbraio) sia sano, cioè corredato dal “passaporto verde” che i vivaisti sono obbligati ad emettere per la specie castagno.

      Lotta con antagonisti diversi da Torymus: ne sono stati indicati circa 30 (Quacchia et al. 2012), autoctoni, seppur molto meno efficaci del T. sinensis. Vari studi sono in corso. Altri studi sondano il ruolo che gli insetti presenti nelle biocenosi castanicole (imenotteri in particolare) possono avere, sia quali parassitoidi primari a spese di D. kuriphilus, sia quali iperparassitoidi a spese del T. sinensis (Speranza et al. 2009). L’applicabilità richiede anni. Anche in Giappone  sono state individuate altre specie di Torymus, ma il sinensis si conferma l’unico ottimale per la lotta biologica classica.

      Trattamenti con insetticidi: in alcune regioni (es Lazio, Piemonte) prove su principi diversi han dato esiti negativi e i trattamenti con chimici (anche se piretroidi) sono avversati perché fanno danni (ai parassitoidi endemici) rimediabili faticosamente; chi tratta è spesso fuori legge ed è perseguibile, perché non ci sono prodotti registrati o sono ammessi con limitazioni: anche l’uso delle esche gialle è sconsigliato, perché attraggono troppi tipi di insetti e depauperano l’ambiente. In Campania invece, ove la castanicoltura da frutto ha forte rilevanza economica (per l’economia diretta dei produttori, per le industrie dell’Avellinese, per l’indotto non solo turistico che ha creato) essendo necessario prevenire che i castanicoltori attuassero una lotta chimica indiscriminata, il Servizio Fitosanitario Regionale ha approfondito l’argomento. E’ stato selezionato un prodotto della Singenta Crop P., a base del piretroide lambda-cialotrina, che, distribuito con opportuno coadiuvante (Break-thru) in un solo trattamento attorno al 3 luglio (a fine voli del Torymus, inizio sfarfallamento del cinipide, infestazione medio-bassa), ha parzialmente contenuto l’infestazione di cinipide (lasciandone però in vita una quota a futuro uso Torymus), salvando comunque parte della produzione (Griffo et al. 2010). Con infestazioni forti i trattamenti devono salire a 2. La Singenta nel 2010  ha ottenuto dal MiPAAF registrazione di due prodotti, in autorizzazione temporanea per 120 gg, scaduta il 23 ottobre 2010.  Ma l’autorizzazione non è stata più riattivata e nel 2012 vale per la sola lotta a Cidie e Balanino. Ulteriori studi dovrebbero identificare prodotti  più specifici, in funzione di più variabili, tra cui i coadiuvanti usati, le varietà, condizioni ambientali e metodologia applicata, usabili entro una lotta integrata.

      Selezione di varietà resistenti: già in Giappone e Corea si vide che esistono resistenze. Nell’Università di Torino il Dipartimento di Colture Arboree dell’ ha reperito resistenze entro gli ibridi euro-giapponesi (es. la Bouche de Bétizac) (Sartor et al. 2009) e, entro Castanea sativa, in singoli individui e in una popolazione locale; le ricerche vanno ampliate a tutte le più importanti varietà italiane e all’interpretazione dei meccanismi della resistenza (Botta, 2010). Si stanno facendo incroci per studiare la trasmissibilità genetica del carattere di resistenza. L’applicabilità richiede anni.

      Impiego di semiochimici: si stanno indagando le sostanze chimiche coinvolte nella comunicazione tra cinipide, parassitoide e vegetazione del castagno, sostanze che loro consentono di localizzarsi reciprocamente. Identificarle permetterebbe di ricavarne esche selettive (che intrappolino o confondano il cinipide); ma anche di attrarre il parassitoide verso impianti da difendere. L’identificazione invece di sostanze repellenti consentirebbe di allontanare il parassita (Germinara et al. 2009). L’applicabilità richiede anni.

 

Ragioni di una diffusione rapida e incontrollata

Fino al 2000 in Europa il cinipide galligeno fu sottovalutato, ritenendolo parassita confinato in Asia alle specie Castanea mollissima Blume (Castagno cinese) e C. crenata Sieb. et Zucc.) (Castagno giapponese). L’arrivo in Piemonte di materiale vegetale infestato non fu rilevato, poiché durante il riposo invernale le gemme sono asintomatiche a esami visivi. Dai vivai piemontesi, noti per produrre ottime piantine di castagno di ogni specie, partirono verso ogni altra regione astoni infetti (forse nella convinzione che bastasse un trattamento chimico con sistemici lievi per disinfestare da un parassita sconosciuto). L’Entomologia dell’ Uni-TO si interessò alla nuova malattia, la identificò, il Servizio Fitosanitario di Piemonte nel 2002 segnalò ufficialmente la presenza del Dryocosmus kuriphilus. (Brussino et al. 2002).
Il cinipide si è poi diffuso ben più rapidamente del prevedibile. Si riteneva (da notizie straniere) che il volo naturale diretto delle femmine propagasse l’infestazione di circa 3 km/anno (“trasporto attivo”), ma nel 2010 sono stati registrati 30, sino a 45 km, dovuti a trasferimenti (“trasporto passivo”) di parti vegetali infestate. La attuale presenza su ormai tutto il territorio nazionale è però attribuibile al commercio incontrollato di materiale di propagazione (marze, innesti, astoni) “movimentati” benché  privi della obbligatoria certificazione di garanzia sanitaria. In alcune Regioni, gli organi pubblici fecero preventiva campagna pubblicitaria ampia ed efficace, in altre non la si fece su ampia scala perché, si disse allora, avrebbe creato allarmismi inutili.

 

Problematica aperta e prospettive di soluzione

      Fino al 2010 in Italia si riscontravano una diffusione di cinipide galoppante, una legislazione controversa, applicazioni differenziate regionalmente, lentezze di soluzioni. Ciò era non solo demoralizzante e disorientante, ma faceva inquietare chi ha nella castanicoltura la principale fonte di reddito e che spesso non sa a chi chiedere istruzioni operative certe.
      Il MiPAAF, affrontando l’emergenza cinipide, ha sentito tutte le componenti interessate (direttamente e indirettamente) al settore castanicolo e a settembre 2010 ha istituito un coordinamento centrale tramite il Tavolo nazionale di filiera castagno (operativo dal 10/03/2011), per coordinare e potenziare studi, scambi di informazioni e materiali, ma prioritariamente interventi di lotta sul territorio: a queste azioni ha stanziato un finanziamento di 1 mil € utilizzato nel 2012 per oltre 180 lanci di T. sinensis e attivazione di numerose aree regionali di sua moltiplicazione. Presso il MiPAAF inoltre ha sede il Comitato Fitosanitario Centrale (cui afferiscono esperti dei ministeri MiPAAF, Ambiente, Sanità), organo propositivo e decisionale che raccorda i Servizi Fitosanitari Regionali e decide quanto diventa subito applicativo sul territorio nazionale. Il MiPAAF aprirà in web un sito dedicato all’argomento castagno.
      Gli ottimi specialisti del Gruppo di lavoro Avversità e Difesa del Piano di settore MiPAAF hanno sondato tutte le possibilità offerte dalle conoscenze entomologiche per combattere il parassita, vagliando ogni aspetto potenzialmente utile, formulando il progetto di ricerca CASTANEA che attende finanziamenti pubblici. Tra l’altro: vanno integrate le strategie di lotta relative a cinipide, cidie e balanino (per evitare che incidano negativamente sul T. sinensis), considerando anche che l’efficacia dei princìpi attivi (siano biologici o chimici) varia con lo stadio di formazione della galla (più o meno protettiva) e con lo stadio degli insetti che vi abitano (larve, pupa, ecc).  Sono da approfondire le correlazioni tra diffusione del cinipide e il maggior sviluppo di muffe (Gnomoniopsis spp ed altre) registrato nei frutti di alcune aree infestate, muffe che abbattono la conservabilità e qualità del prodotto.

           Il Gruppo Difesa e Avversità che ha lavorato al Piano di settore castanicolo (MiPAAF 2010), aveva evidenziato due priorità di interventi necessari: a) che il MiPAAF modificasse il Decreto ministeriale 30 ottobre 2007 che (recependo la decisione della Commissione 2006/464/CE del 27 giugno 2006) regolamenta la lotta al cinipide del castagno in modo rigido e restrittivo, non adeguato alle realtà attuali; b) che i due ministeri competenti (Ambiente, Tutela del Territorio, del Mare, e MiPAAF) individuassero una comune interpretazione dell’articolo del DPR 120/2003 di recepimento Direttiva Habitat (che cita “Sono vietate la reintroduzione e ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone”). in linea con l’esigenza di non ostacolare la lotta biologica classica nei confronti del D. kuriphilus. Il DL 9 aprile 2012 n.84 ha reso possibile (con speciali deroghe) l’introduzione di antagonisti utili, condizionandola a relazioni tecniche specifiche.
In ogni caso, è necessario e fin d’ora conviene abituarsi a pensare che col cinipide orientale la castanicoltura italiana dovrà in futuro convivere.

Ringrazio sentitamente la dott.ssa Ambra Quacchia per i chiarimenti e aggiornamenti cortesemente fornitimi.

 

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