Castagno, albero multivalente da riscoprire, rivalutare e impiegare

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6.2.3     CASTAGNO, ALBERO  MULTIVALENTE  DA  RISCOPRIRE, 
RIVALUTARE E    IMPIEGARE

 

Tatiana Castellotti  (INEA)   e   Giorgio Grassi (già CRA-FR)

 

Introduzione.  

Nel sistema agroforestale d’Europa, la castanicoltura ha rivestito nei secoli un ruolo molto importante, in taluni casi ruolo decisivo per il sostentamento della popolazione in momenti di crisi. La multifunzionalità del castagno,  tradizionale risorsa sapientemente sfruttata nel passato, si è mantenuta nel tempo e nell’attualità costituisce ancora elemento prezioso di sviluppo sostenibile per le aree montane: non solo per quelle italiane, diversificabili per molti aspetti (Castellotti, Grassi 2011) ma anche europee.

 

Origine del castagno, dell’utilizzo e della coltivazione.   

Foglie e frutti di castagno sono presenti nella flora del terziario in Europa, Asia, America e anche di Groenlandia e Alaska, a testimoniare la gran diffusione raggiunta nei periodi temperati. In Italia sono stati reperiti pollini di Castanea nella flora del pleistocene. “Il castagno era pronto già da tempo per accogliere i primi uomini preistorici che impararono presto ad apprezzarne i frutti, che consumavano crudi o cotti e a che conservavano nelle caverne, nonché il suo legname, molto resistente all’acqua, con cui costruivano palafitte, canoe e capanne.” (Adua 2000). Resti di frutti cotti erano in anfore di terracotta all’età del ferro in Liguria e Savoia.
La domesticazione e prima coltivazione della specie Castanea sativa sono avvenute quasi certamente nella Asia Minore (come affermava anche Plinio il Vecchio), nell’antica Lidia (attuale Anatolia occidentale, a est del Mar nero). Infatti già Senofonte (445-335 a.C.) che accompagnò il persiano Ciro il Giovane nella spedizione contro Artaserse II,  nella sua “Anabasi” testimoniava che la gente di Ordu e Giresun conservava nei granai molta “noce piatta senza fessura”, che consumava bollita o abbrustolita nutrendosi così bene. Dall’Asia minore la coltura è stata diffusa nei Balcani e in Grecia (Pitte 1986) e da lì in Italia.

 

Diffusione, importanza e utilizzi in Europa

Nella Grecia del IV sec. a. C. i frutti del castagno sono menzionati da più autori: Ippocrate le nomina“noci piatte”, Teofrasto “ghiande di Giove”, poi Nicandro (III sec. a.C.) ne descrive brevemente quattro varietà.  Tra i Romani, Catone il Censore (II sec. a.C.) loda l’albero che dà le“noci nude”, e nel I sec. d. C. molti cultori romani ne parlano, tra i quali M.T.Varrone che per primo nomina la “castanea”; in accordo con Plinio il Vecchio, L.G.M. Columella dice che dai polloni di castagno si ricava la miglior paleria per le viti e spiega dettagliatamente come ottenerli. Le legioni Romane portano seco in Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera e Inghilterra meridionale sia le varietà da frutto sia le conoscenze agro-forestali (Bounous, De Guarda 2002). 
La forte espansione del castagno tramite i Romani è stretta conseguenza della ampia multifunzionalità di quest’albero, cioè della possibilità di utilizzarne molte parti vegetali per ricavare molti vantaggi. Il castagno infatti richiedeva non troppe attenzioni (bastava seminare e aspettare, ma presto si imparò a scegliere i terreni, a innestarlo e a potarlo) a fronte dei vantaggi che forniva: cibo energetico conservabile, fuoco, legno per attrezzi, pali e travi resistenti al marciume per farne difese, abitazioni, recinzioni e per le coltivazioni, rapidità di accrescimento legnoso e relativa facilità di gestione dei cedui, ma anche materiali per gli animali (i cavalli mangiano foglie fresche, i frutti di scarto vanno ai suini, con foglie secche si fan lettiere, ecc), oltre all’ assestamento del terreno, ed altro ancora.  Dei molteplici utilizzi poveri, ma non secondari, dei materiali vegetali della pianta, si è scritto raramente, ma la tradizione orale ha sempre tramandato che il castagno è pianta  unica e preziosa, “di cui si utilizza tutto, come il maiale”. Il castagno infatti era prezioso soprattutto per la gente povera e i montanari. Nel medio evo dava sostentamento a molti monasteri (la monaca tedesca Ildegarda di Bingen ne approfondì gli utilizzi in medicina) e furono proprio i monaci (per lo più i benedettini, che avevano il motto “ora et labòra” cioè “prega e lavora”) a studiarlo, selezionare le varietà migliori, diffonderle in coltivazione ammaestrando sulle cure da applicare ai frutteti e ai boschi. Nacque così un rapporto nuovo tra uomo e castagno, che sino all’Epoca Moderna portò i montanari a fondare i villaggi là dove terreno e clima permettevano che il generoso ed economico “albero del pane” crescesse bene, producesse il tanto e il buono da poi barattare col grano e altri prodotti della pianura.
“Il castagno, vero e proprio “albero della vita”, ha così sfamato per secoli milioni di persone, in particolare poveri e bisognosi nei lunghi inverni montani e durante le ricorrenti carestie … contribuendo alla loro sopravvivenza in regioni della Penisola Iberica, della Francia, dell’Italia, della Svizzera e dei Balcani; tale fenomeno viene indicato come “Internazionale della povertà e del castagno”. … Ha raggiunto però, con i marroni, i suoi frutti più prelibati, anche i banchetti di re e principi, in tutti i Paesi europei. … Nei periodi più aurei della sua storia, il castagno ha sviluppato una vera e propria “Civiltà del Castagno” ricca di usi, costumi, tradizioni, norme giuridiche, statuti comunali, tecniche agronomiche, controllo dei boschi e del territorio, lavorazione dei prodotti, artigianato, ecc.” (Adua 2000).
Dal 1500 e 1700 la castanicoltura prospera vigorosamente, l’arte culinaria e pasticcera studiano approfonditamente l’utilizzo dei frutti e derivati.

 

Il XX secolo in Italia: decadenza della castanicoltura, successiva ripresa su nuovi valori

Nel 1909 l’Italia produceva, da 650.000 ha di fustaie di castagno, oltre 6 milioni di q annui, di cui ne esportava 240.000. Registrò il massimo storico produttivo di 8,3 milioni di q nel 1911.
Le guerre mondiali portarono, in tutta Europa, ripercussioni che avviarono un sostanziale cambiamento dei rapporti tra società e castanicoltura. Nel 1951, la superficie italiana a fustaia era ridotta a circa 500.000 ha, la produzione a 3.300 q, l’esportazione si manteneva a 240.000 q annui.
In Italia gli anni tra l’inizio del ‘900 e il 1950 sono stati definiti  l’ “autunno del patriarca” (Adua 2000). Ad essi è seguito l’ “inverno del patriarca” (anni 1951-1980). Tra il 1956 e il 1970 la montagna e la collina italiane si svuotarono di addetti, il cancro colturale decimò gli impianti; cambia anche la dieta alimentare e cala la domanda interna di frutti e di legnami. La superficie a fustaia si stabilizza sui 317.000 ha, la produzione sui 300.000 q. L’esportazione mantiene alta la domanda, per soddisfarla si inizia ad importare da altri Paesi europei.
Il “risveglio del gigante buono” (dal 1980 ad oggi) è stato  innescato dall’ innalzamento a fine anni ’70 delle richieste di mercato (europee e statunitensi, poi anche asiatiche e nazionali, sia di prodotto fresco che di trasformati. Contemporaneamente, l’euforia consumistica e industrializzante del periodo postbellico faceva spazio a stili di vita nuovi, che premiavano tra l’altro la salubrità di ambiente e di alimentazione (prodotti tipici), si sviluppava la cultura della qualità. Divenne forte la domanda di castagne di qualità e di marroni da parte di Paesi asiatici (Corea del sud e Giappone).

 

Rivalutazione e valorizzazione del castagno, in Italia e in Europa

Alla castanicoltura da frutto vennero dedicate attenzioni crescenti, rivolte alle problematiche territoriali ed economiche implicate nella ripresa del settore, all’aggiornamento delle conoscenze scientifiche e tecnologiche (Tosco et al. 1986). La riscoperta della efficacia della castanicoltura nel contenere il fenomeno dell’abbandono della montagna (Zarro 1992), indusse le Comunità Montane a incentivare il recupero di vecchi impianti ma anche a costituirne di nuovi, a fare corsi di potatura, imprenditoria, associazionismo. Le Regioni favorirono la integrazione dei programmi zonali e la valorizzazione dei prodotti locali (IGP, DOP, STG). Nel 1998 nacque la Associazione nazionale Città del Castagno.
I paesi europei di maggior castanicoltura da frutto, fecero registrare nel secolo scorso percorsi evolutivi analoghi a quello italiano (seppur sfalsati negli anni).
Dagli ultimi decenni del 1900 l’Unione Europea finanziò in più Paesi programmi coordinati, a livello regionale, interregionale, poi nazionale, che diedero importantissimi risultati conoscitivi, divulgativi, applicativi (es. i PIM).  Cresceva intanto la coscienza di un nuovo sapere globalizzato, si velocizzavano gli interscambi scientifici e tecnologici internazionali, così come i mercati, si formarono reti internazionali di sostegno a cooperative e associazioni, di studio, recupero e salvaguardia delle risorse genetiche e ambientali.  Ogni Paese castanicolo ha così fatto registrare ripresa della coltivazione e la rivalutazione delle produzioni su base qualitativa, sempre più e meglio certificata.

 

Valorizzazione di un territorio castanicolo

La odierna multifunzionalità del castagno  (v. riquadro “Schema sulla multifunzionalità del castagno”, Grassi 2002)  è caratteristica preziosa per effettuare interventi volti a  un nuovo tipo di recupero delle aree montane, a vantaggio innanzitutto di  chi ancor oggi ha nella castanicoltura fonte di reddito importante (primario o integrativo) e delle associazioni castanicole locali. Chi opera per valorizzare il proprio territorio, preliminarmente vi rintraccia e rivaluta l’identità colturale (peculiarità varietali, agronomiche, forestali, utilizzi, mercati, ecc), cui affianca la riscoperta delle identità culturali (storiche, architettoniche, antropologiche, usi e costumi e detti specifici, percorsi, ecc.), dei valori propri della gente del luogo, modelli di vita (solitamente sobria e cadenzata da stagioni e feste, patronali e non), studiando analiticamente le componenti ambientali col supporto delle conoscenze scientifiche attuali. Poi organizza la diffusione dei dati, rivolgendoli agli utenti che seleziona. In luogo, devono essere già operative le strutture di sostegno (recettive, informative, commerciali).
Si valorizza il proprio territorio per poter così richiamare i turisti (ce ne sono di diversi tipi), innanzitutto per vendere loro servizi e prodotti, ma anche per scambiare conoscenze, esperienze, cultura e programmi. Questo può sembrare difficile o impossibile, a chi ancora porta in sé il ricordo delle castagne come cibo simbolo di povertà (qualcuno addirittura  non riesce a mangiarle più), o il ricordo dei malpagati lavori in bosco come un duro passato da dimenticare. Invece il castagno, questo concentrato di utilità, costituisce ancora un baule di ricchezze, che per molti resta ancora da scoprire, conoscere e rivalutare.  Il castagno infatti risponde ottimamente ai bisogni della moderna popolazione (quella cittadina, assai più della montana), di chi cerca serenità e tranquillità, verde e salute, relax, ristoro, posti in cui fare passeggiate o percorsi di ginnastica all’aperto, in cui far giocare i bimbi e riposare gli anziani; ma anche del miglior turista che, per conoscere e orientarsi nel luogo di villeggiatura, vuol sapere quali fauna e flora ci sono (il castagno ha una funzione naturalistica di primo piano, nel mantenere la biodiversità animale e vegetale).  In Italia sono ste allestite molte “aree attrezzate”, alcune “fattorie didattiche” e “musei all’aperto”, le “attività culturali in castagneto” (mostre di fotografia, pittura, eventi musicali, corsi estivi, e tanto altro).  La funzione didattica del castagno era inizialmente la più sfruttata dalle scuole dei piccoli centri, poi allargata a scuole esterne di vario grado: il castagneto è una vera e propria “aula didattica” per giovani e adulti, di botanica, micologia, idrologia, gestione umana delle risorse con percorsi di osservazione, guide naturalistiche, collezioni ecc.

 

Conclusioni

L’articolo espone analiticamente la polifunzionalità del castagno europeo, descrivendo con richiami storici come sia stato fondamentale risorsa plurisecolare per la gente di montagna. La polivalenza del castagno offre elementi e spunti per effettuare un  nuovo rilancio delle aree interne a castanicoltura tradizionale, valorizzando economicamente non solo la coltura ma anche i territori da essa caratterizzati. L’opportunità è aperta ad ogni Paese europeo castanicolo. Essa è stata considerata in modo approfondito dall’italiano Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, che nel Piano di Settore Castanicolo 2010-2013 la indica, promuove, ne definisce le modalità di attuazione. Il Tavolo italiano di Filiera della Frutta in guscio-Settore castagne, operativo dal 3 marzo 2011 presso il MiPAAF medesimo, sta valutandone i risvolti applicativi.

Bibliografia

--Adua M. (2000), Il castagno: un albero da riscoprire, Grafiche Abramo S.p.A. –Traversa Cassiodoro 19 – Catanzaro.
--Bounous G., De Guarda A. (2002), “Origine e cenni storici”, in Bounous G. (a cura) Il Castagno, Edagricole – Edizioni Agricole de Il Sole 24 ORE Edagricole S.r.L., Bologna, pp. 3-17.
--Castellotti T., Grassi G. (2011), “Situazione e prospettive della castanicoltura da frutto in Italia”, Agriregionieuropa, Approfondimenti, anno 7, n. 24, marzo 2011, pp. 82-84.
--Grassi G. 1998-2002, “Appunti per lezioni sul castagno”. Dispense.
--Pitte J.R. (1986), Terres de Castanide. Fayard, Paris.
--Tosco D., Santangelo I., Grassi G. 1986, “Aspetti agronomici ed economici della coltivazione del castagno da frutto”, in Grassi G. (a cura) Atti Giornate di Studio sul Castagno, Caprarola (VT) 6-7 nov. 1986, Tipolitografia Vicini in Ciampino, pp. 263-286.
--Zarro G., (1992), “Intervento di saluto”, in Grassi G. (a cura) Atti del Convegno nazionale sulla Castanicoltura da Frutto, Avellino 21-22 ottobre 1988, CCIAA AV, Poligrafica Ruggiero s.r.l. in AV, pp. 13-19.

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Schema della multifunzionalità del Castagno   (da Grassi 2002)

 

FUNZIONIsvolte dai castagneti (da frutto, da legno, selve castanili)

 

PRODUTTIVE

---C. da FRUTTO:  --frutti pregiati per il consumo fresco:---autoconsumo

                                                                                               ---mercati nazionali e esteri

                                                                                               ---esportazione

                             --frutti per la trasformazione: ---prima lavoraz. (pelati, surgelati, in alcool)

                                                                                 ---trasformaz (canditi, m.glaces, paste, birra)

                                                                                 ---essiccazione (bianche, farina)

                             --utilizzi zootecnici, estrazione di alcool

 

 

---C. da LEGNO:  --assortimenti di legname da lavoro

                           --paleria

                           --biomasse

 

 

---C. da FRUTTO, LEGNO, SELVE:  --miele, tannino, biomasse

                                                       --materiali per erboristeria

                                                       --prodotti del sottobosco (funghi, piccoli frutti)

 

 

PROTETTIVE    per radici ampie e robuste, foglie ampie e numerose, sottobosco con vegetali

---dal dissesto idrogeologico

---dal degrado del suolo e del clima

 

NATURALISTICHE

---mantiene biodiversità animale e vegetale

---mantiene carbonio nei manufatti di legno (Kyoto 2002)

 

PAESAGGISTICHE    per colori, forme, cedui in varie fasi di gestione

---valori estetici caratterizzanti la fascia vegetazionale del castagno

 

RICREATIVE

---relax, passeggiate, ristoro

---parchi giochi,  percorsi ginnici, orienting e giochi vari

---attività culturali (fotografia, pittura, eventi)

 

DIDATTICHE

---è aula didatticaper giovani e adulti, di botanica, micologia, ecologia, idrogeologia, gestione umana delle risorse (agronomica, forestale, idrogeologica), suoi aspetti storici e culturali.

Con percorsi di osservazione, guide naturalistiche, collezioni di germoplasma (di castagno e non, autoctono e non)

 

NUTRITIVE

 

 

 

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