Risposte date dagli esperti

 

3.3    FRUTTO

(indietro)

Sull’argomento, per conoscere la situazione attuale, per meglio comprendere la problematica, le soluzioni, le strategie, le azioni possibili, si consultino in questi ATTI i seguenti documenti:
---in RELAZIONI SU INVITO:  2.2,   Il castagno da frutto,   di  Bellini Elvio e Vezzalini  Luigi
---in APPROFONDIMENTI:   6.2.2,  Il castagno da frutto,   di  Bellini Elvio e Vezzalini Luigi
---in APPROFONDIMENTI:   6.2.3,   Castagno, albero multivalente da riscoprire, rivalutare e impiegare di Castellotti Tatiana e Grassi Giorgio

 

 

A proposito delle varietà di marroni e castagne

 

Per fare un impianto di castagne da frutto, che varietà coltivare?   (Grassi)

       La buona riuscita dipende da due  scelte:
                  1   Quale varietà serve al produttore.
                  2   Quale cultivar ha le caratteristiche meglio rispondenti. 

1   Quale varietà serve al produttore.
     1.a : Se l’impianto è piccolo (1, 2 ha), lontano dai grossi mercati, non serve una varietà pregiata che dia i migliori frutti commerciali (es. Marroni che hanno innanzitutto frutti grossi, regolari, di bassa % di frutti doppi, pelabili), ma una che abbia pezzatura solo media, ma si peli molto bene da buccia e pellicina, sia gustosa, dolce, poco attaccabile dai vermi dei frutti ecc (es. nel Lazio il Marroncino di Borgovelino, Castagne locali varie quali Terzarole, Camisella di Patrica, Pizzutella di Terelle, Rocchiccianella ecc); queste cultivar minori hanno buon mercato locale e nei mercatini della domenica, perché sono già note come buone e durevoli; per il castanicoltore ci sono bassi costi (di produzione,  lavorazione e trasporto),   un rapido realizzo economico perché dal momento della raccolta alla vendita passa poco tempo.
Con frutti di particolare bontà, il castanicoltore può ottenere tramite lavorazioni artigianali prodotti anche innovativi, particolarmente gustosi e serbevoli, che gli consentono di aumentare il reddito e distribuirlo nel tempo.
    1.b. : All’opposto, su aree ampie e favorevolmente predisposte (pedoclimaticamente ma anche ben accessibili e meccanizzabili) si possono coltivare le varietà più esigenti (Marroni di tipo casentinese quale il Fiorentino, il M. di Segni, di Viterbo, Cave ecc, e anche gli Ibridi euro-giapponesi), che possano dare quantità e qualità di prodotto altamente valorizzabili commercialmente. L’imprenditore deve qui avere efficiente organizzazione,  competenze tecniche e di mercato; prevale la logica della piccola – media industria.
   In foto, da sinistra: Marrone casentinese, una Riggiola di Catanzaro, ibrido eurogiapponese Marigoule.

2   Quale cultivar ha le caratteristiche meglio rispondenti.  
Ogni varietà  ha una propria individualità, proprie esigenze di clima (e capacità di resistenza ai freddi), di suolo (il pH acido e subacido è richiesto dal Castagno tradizionale, non dagli Ibridi), di resistenza a avversità (cancro, insetti), di impollinazione (è indispensabile nel M. casentinese, le altre cultivar se ne avvantaggiano in misura differente).
Le varietà danno prodotto in quantità e qualità diverse (da 10 a 30, 60 q/ha; caratteristiche fisico chimiche dei frutti, caratteristiche organolettiche  della polpa ecc).
Hanno differenti attitudini agli  utilizzi: per la lavorazione industriale del frutto intero è importante la giusta pezzatura,  serve che si possano pelare con poco scarto, abbiano polpa con semi non doppi (cioè che la percentuale di “settato” sia bassa), che la polpa sia compatta (senza spazio vuoto interno) e di compattezza uniforme per canditura, ecc. , mentre per far le “marronite” (scarti di marroni a pezzi, e simili, in vetro) non serve pezzatura ma si cerca polpa dolce; quelle per essiccato (dal quale si ricava poi anche la farina) sono medio-piccole, hanno sapore gustoso e altre caratteristiche che le rendono più serbevoli dei marroni.   Ci sono poi cultivar da cui si ricava sia frutto relativamente buono  sia buon legno (infatti il fusto ha portamento assurgente e ramifica poco, es. la Rossa del Cicolano).  Altre infine sono specifiche per il legno.
Impollinatori. Si tenga presente che nel castagno (molto più che per altre specie) gli impollinatori sono spesso determinanti per la grossezza del frutto. La castanicoltura tradizionale più attenta (es. Roccadaspide) coltivava nello stesso frutteto, oltre alla cultivar principale (70% dell’impianto), una varietà che fosse buona impollinatrice della prima e desse di per sé frutti buoni (15-20%), e una terza varietà che per quantità di polline ed epoca di emissione polline coprisse sia la prima che la seconda (10%).  Alcuni Ibridi sono ottimi impollinatori.

     C’è  una ricca bibliografia su varietà e impollinatori (ogni Convegno sul castagno, nazionale o regionale, ne parla).

 

I frutti della “Rocchicianella” di Rocca di Papa possono prendere la DOP o l’IGP, o altro?   (Grassi)

Teoricamente  forse sì, se si dimostra che  da oltre 25 anni è prodotta qui, rinomata col  suo nome, tipica.
Praticamente no:  si richiede  una associazione che promuova e sostenga la richiesta, una dettagliata relazione storica  e costosi studi e analisi di caratterizzazione (infatti le condizioni poste dalla UE sono sempre più restrittive),  poi una  aggregazione di operatori ben organizzati nel partecipare al Consorzio di tutela.  Certificare  il marchio europeo inoltre costa.
I marchi: quelli  europei  sono  DOP (Denominazione di Origine Protetta),  IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG (Specialità Tradizionale Garantita, ma si applica a ricette e usi specifici).  L’Italia ha costituito un Elenco nazionale di prodotti a I.G. (Indic.Geog).  Privati sono i marchi collettivi d’impresa (con disciplinare proprio).  A livello di Comune esistono anche i marchi De.Co. (Denominazione  Comunale di Origine) e De.C.P. (Denominazione Comunale di Provenienza), che sono applicati a prodotti e materie prime del luogo, loro lavorati e trasformati, piatti tradizionali, ecc; nei marchi comunali,  le componenti locali  di agricoltura, artigianato, turismo, pubblico, uniscono sforzi e idee per valorizzare il territorio e renderlo più noto e ricco.

 

Roma è città vicina che compra marroni e castagne: perché il nostro frutto non va?   (Grassi)

Dai Castelli Romani e Monti Prenestini sono indirizzate verso Roma partite di prodotto che per quantità, standard e qualità non rispondono alle richieste degli operatori del mercato generale di Roma. Roma  ha un mercato molto grosso e non facile ai nuovi inserimenti. Il mercato è già occupato da imprenditori di vecchia data, esperti, intelligenti e per lo più efficacemente determinati.  Anche la distribuzione al dettaglio delle caldarroste nelle piazze è una rete quasi in monopolio.
In tempi di concorrenza  sempre più globalizzata e competitiva, giungono in offerta castagne estere a basso prezzo   (Turchia, Cina, sudamerica….  a fine 2012 c’è ampia presenza di una ottima varietà portoghese a meno di 7 €/kg),  favorite purtroppo anche da insufficienti controlli nei porti d’entrata italiani).
Inoltre la GDO (Grande Distribuzione Organizzata, di iper e supermercati)  ha forte potenza di mercato, contrattuale e decisionale.
Più accessibili sono i banchi nei mercati per lo più rionali, e gli esercizi al dettaglio gestiti da extracomunitari.
E’ più conveniente far sì che i Romani vengano a comprare qui.
Comunque si deve sviluppare  nel territorio, in impresa, in filiera, un nuovo approccio mentale ai mercati: integrare pubblico e privato con lungimiranza, mettere impegno e studio e inventiva, partecipare con determinazione e costanza:  si affronteranno, e risolveranno, aspetti vari (dalla sorveglianza dell’ ambiente all’apertura di piste turistiche, al sostegno del valore del prodotto, al come propagandarlo,  ecc.).  L’Italia offre esempi di  successi  (Amiata,  Modenese, ecc).

 

Marroni  e/o  castagne?  Quanto valgono come nutrimento?     (Grassi)

Marroni e castagne.   Il termine “marrone” è correntemente applicato a fini soprattutto commerciali (botanicamente è arduo definirlo oggettivamente!) per indicare i frutti di miglior sapore, pezzatura e attitudine industriale. Non c’è definizione europea e la Francia esporta ufficialmente come “marroni” frutti rispondenti a parametri di qualità molto più permissivi di quelli applicati in Italia, applicabili anche alle varietà appartenenti al gruppo di Ibridi euro-giapponesi. In Italia, invece, sono “Marroni” solo quelli delle varietà di Castanea sativa e si distinguono i marroni “di tipo casentinese” (come quelli  di Segni e di Cave: dolci ma costosi) e i marroni “di tipo avellinese” (molto meno costosi, l’industria ne ricava la maggior quota di marrons glacés,  le piante producono di più, crescono meglio in quote medio-alte).
Valore nutrizionale.  Analisi chimiche approfondite, condotte su marroni e castagne soprattutto dopo il 1974, hanno spiegato perché la gente di montagna ha potuto per secoli essere nutrita da un cibo come le castagne, apparentemente povero e semplice, ma in realtà non solo energetico bensì completo per chi lavora, facilmente digeribile, di valore nutritivo alto e bilanciato. Il contenuto di protidi è pari a quello del latte, la qualità delle proteine è ad alto valore biologico (paragonabile a quello delle uova); in alcune farine sono stati rinvenuti ben 16 aminoacidi, fattore chiave per la sintesi proteica. Il contenuto energetico è elevato (l’amido è la componente più rappresentata) ma a giusta cessione per chi deve far lavorare a lungo l’organismo (contadini, sportivi). Pochissimi sono i lipidi, ma anch’essi di qualità perché non c’è colesterolo ma acidi grassi essenziali. I contenuti di vitamine (gruppo B e PP) e di sali minerali sono non quantitativamente elevati (ma c’è molto utile potassio), però ben diversificati ed equilibrati. Castagne e derivati sono importanti nelle diete antiallergiche specifiche per i celiaci e per gli allergici al lattosio.
Dal punto di vista gastronomico, marroni e castagne sono stati definiti “giacimento gastronomico” per antiche e nuove ricette: il “cibo povero” di un tempo alimenta oggi la cucina raffinata, come ingrediente.


            AMINOACIDI  Nelle farine sono presenti fino a 16 aminoacidi. Vi sono importanti aminoacidi essenziali:
            AMINOACIDI  ESSENZIALI:      Contenuto   e  Fabbisogno raccomandato
                  Triptofano                             11,7                  11
                        Lisina                                     54,3                  51
                        Metionina e cistina            50,2                  26

     Bibliografia: G.Bounous et al.: The chestnut, ultimate energy source, Torino 2003.    AAVV: Atti del Conv. Castanea 2009, CN 2009.
     INRAN: Tabelle di composizione degli alimenti (anni vari).   G.Grassi: Conv. Il Marrone segnino, Segni 08/11/2011.
    NB: Roma, Univ. TorVergata, Dip.Medicina e Prevenzione: la prof.ssa L.Di Renzo dispone di dati medici e notizie più aggiornate.

 

Il germoplasma del Lazio di castagno da frutto è ampio? ci sono studi?   (Barbagiovanni, Pavia)

Nel Lazio la produzione di castagno da frutto è ampiamente diffusa su tutto il territorio. In alcune zone la coltura di questa specie contribuisce in modo determinante all’economia agricola locale.
Le principali varietà attualmente presenti sono costituite da marroni di pregio e castagne. Ricerche e studi effettuati sul territorio hanno permesso di individuare diversi ecotipi. Il panorama varietale del castagno nel Lazio è il risultato sia di un processo di selezione su popolazioni spontanee durato secoli, sia di un processo di adattamento da parte di varietà introdotte soprattutto dalla vicina Toscana.
    In provincia di Viterbo il patrimonio varietale per il 90% degli impianti è rappresentato dalle cultivar ‘Castagna’ e ‘Marrone Fiorentino’. A queste si aggiungono alcune varietà locali tra le quali il ‘Marrone primaticcio’ (sin. premutico, primotico, pelusiello), tradizionalmente coltivato e apprezzato per qualità e precocità di maturazione; la sua presenza si è consistentemente ridotta, a favore del Marrone Fiorentino, a causa della scarsa serbevolezza del frutto; il ‘Marrone Primaticcio’ è iscritto al Registro Volontario Regionale previsto dalla Legge Regionale n.15 del 1 marzo 2000, che tutela le risorse genetiche autoctone del Lazio a rischio di erosione genetica. Altre varietà diffuse nella provincia di Viterbo e inserite secondo il D.M n. 350/99 nell’elenco dei prodotti tradizionali del Lazio sono la ‘Castagna di Vallerano’, il ‘Marrone dei Monti Cimini’ ed il ‘Marrone di Latera’.
    In provincia di Rieti troviamo il ‘Marrone di Antrodoco’ appartenente alla tipologia del Marrone Fiorentino e la ‘Castagna Rossa’ del Cicolano entrambi inseriti nell’elenco dei prodotti tradizionali del Lazio.
    In provincia di Roma sono presenti il ‘Marrone Segnino’, il ‘Marrone di Arcinazzo Romano’ ed il ‘Marrone di Cave’, anche questi inseriti tra i prodotti tradizionali del Lazio.
    Altre varietà castanicole di limitata estensione, ma comunque importanti per l’economia locale, sono le castagne ‘Pelosella’ e ‘Pizzutella’ di Terelle (FR), la castagna ‘Camisella’ di Patrica (FR), la ‘Castagna di Fiuggi’ (FR), le castagne ‘Radicara’ e ‘Lombarda’ di Pescorocchiano (RI), il ‘Marrone di Accumoli’ (RI) e il ‘Marrone di Carpineto Romano’ (RM).
    Vari ecotipi sono diffusi anche nelle zone di Tolfa, Allumiere e Castelli Romani.
    Al fine di caratterizzare in maniera approfondita il germoplasma autoctono, sono in corso analisi genetiche sui marroni laziali per verificarne l’origine.

 

 

A proposito dell’economia della castanicoltura da frutto

 

Se il castagno da frutto non rende, cosa fare?  Se rende, come migliorare?   (Grassi)

Questa domanda ricorre nei decenni, da quando nel secondo dopoguerra la montagna iniziò a spopolarsi e la castanicoltura fu colpita da agenti patogeni (soprattutto il cancro della corteccia) che misero in seria difficoltà tutto il settore.  I periodici Convegni nazionali sul castagno affrontarono il problema, proposero soluzioni e studi specifici definirono una metodologia che il compianto prof. Bagnaresi propose anche in un convegno a Caprarola nel Lazio.  Se ne riferisce nel testo distribuito in sala a questo convegno (ora nel capitolo APPROFONDIMENTI come articolo,  Il castagno da frutto,  di Bellini e Vezzalini).

 

Vorrei passare da ceduo a impianto da frutto: si può fare? A che costi e in quanti anni?   (Grassi) 

La domanda si riferisce ovviamente agli impianti con castagno di specie Castanea sativa  (il tipico italiano ed europeo); e in condizioni pedoclimatiche buone.  Distinguiamo due diversi casi di intervento:
1) Su ceduo tagliato raso, con innesti su selvatici di un anno, con cultivar di Marrone di tipo avellinese.
2) Su ceduo di 11-14 anni, con cultivar di Marrone di tipo fiorentino (casentinese).
Consideriamo quali sono, anno per anno, i lavori da fare, le produzioni ottenibili. Teniamo conto che il Marrone avellinese produce a pieno regime il doppio del fiorentino; e che l’avellinese si avvantaggia dell’impollinazione incrociata ma questa è indispensabile per il fiorentino.
In entrambi i casi, nell’anno preparatorio (o fin da prima) è utilissimo innestare (a corona o altro) alcune piante con marze della cultivar da frutto scelta, per farne “piante madri” delle gemme che serviranno per gli innesti sui selvatici dei cedui.

1) Su ceduo tagliato raso,  innesti su selvatici di un anno, con cultivar di Marrone di tipo avellinese.
Sesto dinamico: innesti su 250 ceppaie iniziali per scendere a 110 piante finali ad ha.
Anno 1°: inizio anno: taglio raso delle ceppaie.  Nell’anno: 3 puliture di suolo e polloni, eventuale concimazione.
Anno 2°: selezione delle ceppaie (e dei futuri impollinatori); 750 innesti primaverili (3 per ceppaia).
Anno 2°, 3° e 4°: 2 puliture, difesa dal cancro, potatura di allevamento minima.
Anno 4°: inizio anno: diradamento a 500 piantine.
Anno 5°: cure normali; produzione (q):  0,9.
Anno da 6° a 10°: cure normali; diradamento a 400 piante;  produzione da q 2 a 15.
Anno da 11° a 20°: cure normali; diradamento a 110 piante; produzione da q 17 a 36.
Anno da 20° a 40°:  cure normali; produzione q 49.

 

2) Su ceduo di 11-14 anni, con cultivar di Marrone di tipo fiorentino (casentinese).
Innesti su 80-85 piante ad ha ed eventuali impollinatori.
Anno 1°: inizio anno: scelta, sui selvatici di 11-14 anni, delle future 80-85 da innestare (e dei futuri impollinatori); abbattimento delle altre; taglio delle prescelte (inclinato, a 1,5-2 m dal suolo).
Nell’anno: puliture di suolo; scelta e cura dei germogli (4-5 per pianta); eventuale concimazione.
Anno 2°: 320-400 innesti a zufolo (4-5 per pianta).
Anno 3° e 4°: puliture, difesa dal cancro, potatura di allevamento minima.
Anno 5°: cure normali; produzione (q):  0,5.
Anno da 6° a 8°: cure normali; produzione da q 2 a q 5.
Anno da 9° a 30°: cure normali; produzione q da 7 a 20.

 

Considerazioni sui due casi.  Si badi che i dati non derivano da confronti sperimentali, ma da casi pratici.
Il sesto dinamico ha forti spese di manodopera (pulizie al suolo, innesti, due diradamenti, cure per cancro  ecc): nei primi 3 anni richiede circa 500 ore/ha. Però poi dà presto la produzione massima finale.
Conviene riconvertire impianti ben predisposti (facile accesso, clima idoneo, con cv acclimatate a alta resa unitaria, centri di consegna vicini, ecc).  Costa più di un nuovo impianto costituito in piano, subito meccanizzabile).
Innestando polloni di 11-14 anni si ha presto produzione dalle piante (già adulte) ma non di impianto. I costi di manodopera sono alti solo nei primi 2 anni. L’innesto a zufolo è l’unico che garantisce maggior solidità d’innesto.

 

 

A proposito del supporto pubblico all’economia del castagno da frutto

 

E’ vero che l’UE ha soldi per chi produce frutti di castagno ma non li dà all’Italia? Se sì perché?   (Grassi)

L’UE eroga fondi alle  Organizzazioni di Produttori (per favorirne l’aggregazione e migliorarne la competitività sui mercati); ma i castanicoltori sono tradizionalmente restii ad associarsi, e restano esclusi.
Inoltre la PAC vigente nell’UE  eroga fondi ai Paesi che li chiedono, ma solo se hanno precisato all’UE quanti ettari di impianti a castagneto da frutto ci sono in quel Paese.  L’Italia non può precisarlo, perché ogni Regione ha legiferato  a suo modo,  su ciò che è o non è castagneto da frutto (per la Toscana tutti i castagneti sono unicamente “boschi”),  perciò non esiste una rilevazione accettabile, e i produttori non possono accedere ai contributi previsti disponibili. 

 

Ci sono fondi regionali  per fare la potatura dei castagni da frutto?  (Rabagliati)

Per la castanicoltura del Lazio, al momento non  sono più disponibili finanziamenti regionali a sostegno e neanche contributi per la gestione delle potature dei castagni da frutto.  Vale quanto risposto a proposito delle disponibilità finanziarie regionali per la castanicoltura da legno e selvicoltura. Si dovrà attendere il prossimo PSR 2014/2020.

 

Il GAL Castelli Romani e Monti Prenestini ha ancora fondi disponibili per la castanicoltura da frutto?  (Grassi)

La risposta in proposito, fornita al dr. Grassi dalla dr.ssa Patrizia Di Fonzo del GAL a fine gennaio 2013, vale sia per la forestazione che per il frutto:  i finanziamenti inizialmente disponibili non sono stati sfruttati, perché nessuna domanda è stata presentata. I termini temporali di utilizzo  sono scaduti nel gennaio 2013 e da quella data non ve ne è più disponibilità. Forse nuovi bandi saranno accessibili.

 

 

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