3.6 Consumo responsabile dei prodotti legnosi: il caso del castagno del Comprensorio dei Colli Albani.

Francesco Carbone

 

 

 

 

 

Consumo responsabile dei prodotti legnosi:

il caso del castagno del Comprensorio dei Colli Albani.

 

 

Prof. Francesco Carbone, DIBAF (Dipartimento per l’Innovazione dei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali) Università degli Studi della Tuscia (Viterbo)

 

 

Alla problematica del consumo viene dedicata normalmente scarsa attenzione, assumendo che questa azione sia fine a sé stessa e povera di contenuti aggiuntivi. Come cercherò di dimostrare in questo contributo questo è un assunto ben lontano dalla realtà. La conoscenza dei meccanismi è fondamentale per poter ampliare il mercato dei prodotti, quale può essere il caso del legno di castagno locale. A tal fine ho organizzato l’intervento in tre parti: nella prima presento la relazione tra sviluppo e consumo; la seconda attiene la comunicazione verso i consumatori; la terza è dedicata al caso del legno di castagno del Comprensorio dei Colli Albani. Nelle conclusioni evidenzio possibili iniziative da intraprendere per promuovere il consumo del legno di castagno locale.

 

Sviluppo e consumo

Oggi stiamo vivendo un periodo in cui è in corso un confitto culturale tra il modello di sviluppo convenzionale e quello sostenibile. Il primo ha caratterizzato gli anni del boom economico, il ventennio 50’-60’, anni in cui l’indicatore economico di sviluppo, il prodotto interno lordo (PIL), ha conosciuto valori molto elevati. Il benessere degli individui era rappresentato dal possesso di beni come la macchina, il frigo, la televisione, il cibo, etc. Ciò ha consentito il consolidamento del modello di sviluppo economico continuo ed illimitato, imperniato sul sistema industriale. Nell’accrescere il loro benessere gli individui avrebbero continuato a consumare beni e quindi stimolare l’attività produttiva, attività da cui gli stessi percepivano le risorse monetarie (salari/stipendi) per operare sul mercato. L’uno è stato favorito dall’effetto traino dell’altro e viceversa (Fig. 1).

Le problematiche ambientali generate dallo sfruttamento delle risorse naturali, la dipendenza della qualità della vita da componenti non di mercato, allora erano argomenti marginali rispetto al crescente benessere della collettività assicurata dall’industrializzazione.

A partire dal decennio successivo si prese consapevolezza delle problematiche ambientali. Le maggiori istituzioni internazionali avviarono iniziative che consentissero l’individuazione di strategie per superare le criticità del sistema di sviluppo. Lo sviluppo sostenibile fu la proposta avanzata nella metà degli anni 70’. Essa identificava quello sviluppo che consentisse alle generazioni future di fruire degli stessi benefici che hanno goduto le generazioni passate. Tra le numerose tematiche coinvolte per il suo conseguimento esso richiedeva, e tutt’ora richiede, l'assunzione di scelte coerenti sia da parte dei produttori che dei consumatori.

Ebbene anche i consumatori hanno le loro responsabilità affinché lo sviluppo sostenibile si affermi. Quando ci rechiamo al mercato ed acquistiamo un bene, il nostro atto non produce solo l’effetto dello scambio (beni-soldi), ma entra in un circuito informativo di cui noi (i consumatori) siamo il soggetto passivo, mentre quello attivo acquisisce ed interpreta l’informazione. L’atto dell'“acquisto” è interpretato come la conferma che il bene soddisfa le necessità dei consumatori. Conseguentemente il sistema produttivo continua la fornitura del bene con i caratteri e con le modalità che i consumatori hanno dimostrato di apprezzare. Nella misura in cui la domanda di mercato decrescesse, il sistema produttivo rivedrebbe le proprie strategie.

Il nostro comportamento sul mercato è espressione dello stile di consumo, i cui estremi sono: quello “compulsivo” (fig. 2) e quello “responsabile” (fig. 3). Il primo è quello auspicato dal modello dello sviluppo illimitato, il cui obiettivo è di consumare a prescindere dall’utilità e dai caratteri del bene, nonché dall’effettivo fabbisogno; quello “responsabile”, invece, è proprio dello sviluppo sostenibile, il cui consumo è guidato da un approccio razionale, critico rispetto ai caratteri del bene e dei processi di produzione, nonché alla commisurazione rispetto ai fabbisogni.

 

 

Si considerino tre beni analoghi “A”, “B” e “C”, ugualmente utili, che soddisfano i medesimi bisogni ed hanno prezzi uguali. Il consumatore responsabile sceglie il bene “C” perché consapevolmente esclude il bene “A” e “B”. La scelta di “C” deriva dal sapere che il processo produttivo è stato rispettoso dell’ambiente, dei valori dei beni, dei diritti del lavoro e i lavoratori, ovvero si è contraddistinto per valori etici e morali, che interessano le generazioni presenti e future. Il messaggio che ritorna al sistema produttivo è che “A” e “B” sono poveri di contenuti etici e morali per cui i consumatori rinunciano all’acquisto.

La comunicazione dei caratteri dei prodotti legnosi

Affinché il consumatore abbia l’opportunità di comprare responsabilmente, deve conoscere i caratteri dei beni. Da cui la necessità per i produttori di munirsi di strumenti che informino con rapidità il consumatore. Le certificazioni sono tra gli strumenti più efficaci.

Nel settore del legno vi sono varie certificazioni. Ciascuna attesta aspetti diversi, operano con meccanismi differenti, hanno diversa affidabilità, etc. I tre principali tipi di certificazioni per la filiera foresta-legno sono:

·      la certificazione della gestione forestale sostenibile rientra tra quelle di parte terza. Essa è rilasciata da un soggetto diverso rispetto al proprietario delle foreste ed al redattore del protocollo della gestione forestale sostenibile. La parte terza, a conclusione dell’attività di audit, attesta la coerenza della gestione forestale attuata dalla proprietà forestale rispetto ai principi/criteri vigenti;

·      la certificazione CE, invece, rientra tra quelle di parte seconda. In questo caso è il produttore che attesta la conformità/idoneità[1] del legname rispetto a standard definiti da istituzioni pubbliche preposte. L’attribuzione della certificazione rende commercializzabile il prodotto sui mercati;

·      l’autocertificazione o certificazione di parte prima, è quella in cui il produttore stesso attesta taluni caratteri del prodotto a fronte di standard dallo stesso definiti.

Un profilo particolarmente importante delle certificazioni è rappresentato dal rapporto che intercorre tra il bene ed il carattere certificato, che può essere di “prossimità” o “remoto”. La certificazione della gestione forestale sostenibile è “remota” rispetto al bene, poiché attiene alle modalità di gestione allorquando le piante erano parte dell’ecosistema forestale, in cui le condizioni, lo stato e la forma erano ben diversi da quelli in cui è stato trasformato per il consumo. Lo stesso manufatto in legno, realizzato con legno proveniente da boschi certificati per la gestione sostenibile oppure con legno convenzionale, sono in grado di soddisfare nella medesima misura il bisogno essenziale alla base dell’acquisto. Le differenze esistenti attengono ad aspetti immateriali, temporalmente precedenti e quando la materia prima aveva funzioni, forma e caratteri profondamente diversi. Ne consegue che l’acquisto di un manufatto in legno certificato per la gestione sostenibile avviene nel momento in cui il consumatore riconosce come rilevanti caratteri etici e morali attinenti il ciclo produttivo, ovvero quando ha forti motivazioni culturali.

La certificazione CE, invece, è di “prossimità”, poiché attiene a caratteri intrinseci del legno che ne definiscono l’ambito di impiego. Questi standard sono definiti da soggetti terzi, mentre il produttore deve munirsi degli strumenti idonei per attestare la loro esistenza, assumendosi la responsabilità di quanto affermato.

L’autocertificazione, infine, può riguardare aspetti prossimi o remoti, tuttavia è uno strumento debole, poiché gli standard di riferimento sono definiti dal soggetto stesso e la procedura di verifica dell'idoneità è definita dal produttore. In genere riguardano caratteri non vincolanti ai fini dell’impiego, ma attestano strategie a cui i consumatori appaiono essere “sensibili”.

 

Il caso del legno di castagno del Comprensorio dei Colli Albani

Sono noti a tutti, per conoscenza diretta e/o empirica, le notevoli potenzialità del legno di castagno. Coloro che acquistano manufatti in castagno, lo fanno perché esso soddisfa determinati bisogni, appaga determinati gusti, assicura determinati standard qualitativi, nonché ha un prezzo accessibile. Se tali caratteri trasmessi per via orale sono sufficienti per operare su alcuni mercati convenzionali, il loro mancato consolidamento secondo procedure e standard consolidati, impedisce comunque l’accesso del legno di castagno del comprensorio nei mercati più formali, come quelli che coinvolgono enti pubblici. E' già questa è una prima e rilevante criticità per la filiera del legno di castagno.

Vi sono tuttavia altri caratteri che qualificano la castanicoltura locale e ne attestano la peculiarità nella prospettiva dello sviluppo sostenibile. Assumendo quale consumatore del prodotto il consumatore razionale, a parità di altre condizioni dovrebbe preferire sul mercato, poiché il legno di castagno del Comprensorio dei Colli Albani

·         è una risorsa rinnovabile;

·         proviene da boschi gestiti in modo sostenibile;

·         proviene da tagli legali;

·         non attiva processi di disboscamento e trasformazione d’uso del suolo forestale;

·         gli interventi sono oggetto di controllo e vigilanza;

·         è un prodotto a “chilometro zero”;

·         contribuisce a ridurre la pressione sulle foreste primarie;

·         è un prodotto coerente con il quadro paesistico, culturale ed ambientale;

·         sostiene una economia locale, di aree interne;

·         gli operatori locali agiscono in conformità alla normativa vigente

A questi caratteri specifici propri della filiera foresta legno deve aggiungersi il valore aggiunto rappresentato dall'inclusione di gran parte dei castagneti all'interno del Parco Regionale dei Castelli Romani, che fa dello sviluppo sostenibile il proprio modello di crescita.

 

Conclusioni

Dinanzi a questi pregi, vi è un'evidente criticità rappresentata dall’assenza di iniziative che indirizzano il consumatore a scegliere il legno o i prodotti in legno di castagno, ossia, l’adozione di una politica di valorizzazione del prodotto. Nel dettaglio mancano:

·         iniziative idonee a standardizzare i caratteri del legno di castagno per l’accesso a mercati di utilizzazione più nobili (marchio CE per i diversi assortimenti con prospettive di impiego strutturale);

·         iniziative per la qualificazione del sistema istituzionale locale, delle aziende e imprese, del ciclo produttivo e dei prodotti, secondo gli standard di mercato attualmente più di “moda” (certificazioni EMAS; FSC; PEFC; ISO, etc.);

·         iniziative idonee a richiamare l’attenzione degli acquirenti/utilizzatori dei prodotti del legno di castagno (fiere, eventi dimostrativi, etc.);

·         iniziative di lobby con le Autorità locali e regionali per l’adozione di politiche specifiche e il riconoscimento del legno di castagno come risorsa di rilevante interesse culturale;

·         iniziative per l’inclusione dei prodotti trasformati di legno di castagno tra quelli impiegabili nelle opere pubbliche, anche attraverso la loro introduzione nei prezziari regionali.

Richiamo infine l’iniziativa in più occasioni citata, che è la creazione di un Consorzio per la qualità del castagno, la cui azione sia basata su un piano di marketing all’interno del quale le varie iniziative sopra menzionate troverebbero la perfetta collocazione.

Per concludere vorrei sottolineare che oggi i pregi e le virtù del legno di castagno sono noti alla ristretta cerchia degli addetti ai lavori, mentre i potenziali consumatori non locali, non acquistano perché non conoscono. E’ ad essi che occorre arrivare e, dati alla mano, evidenziare i caratteri di questo legno.

Grazie per l’attenzione.



[1] A fonte del medesimo inquadramento normativo, i beni di consumo devono essere commercializzati con allegata dichiarazione di conformità agli standard previsti per la tipologia di bene, mentre ai beni ad uso strutturale è associata la dichiarazione di idonei all’impiego.

 

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