Sozaboy di Ken Saro- Wiwa

 

 Sozaboy,  considerato il capolavoro di Ken Saro- Wiwa, è stato pubblicato in Nigeria trent'anni fa, ma in  Italia  è  giunto  nelle librerie  per merito della  Baldini Castoldi Dalai nel  2005.

E' un  atto di accusa contro la stupidità e  l'atrocità  della guerra - dell'idea stessa della guerra - ,  eppure  tra le pieghe del racconto c'è di più. Altre riflessioni emergono dalla storia di Mene, detto Sozaboy ( dalla corruzione dalla parola inglese soldier, soldato ).

Il giovane Mene, nato e vissuto nel villaggio di Dukana,   apprendista autista del camion che percorre la strada fra Pitakwa, la cittadina più vicina, e il villaggio, vive serenamente con  la  madre vedova. Conosce una bella ragazza di Lagos, dalletette  dritte come colline, e la sposa. E' felice.  L'unico desiderio da realizzare è  diventare un vero autista con il possesso della patente.

 Comincia una guerra, una guerra di cui  Mene non sa nulla, neanche il nemico sa chi sia. Una sola cosa gli è chiara: i militari si pavoneggiano in   belle divise  e cantano marciando in file ordinate.  Tutto questo sembra a Mene un'allegra rappresentazione, un gioioso teatro. Ne è affascinato e  fa di tutto per farne parte, sostenuto   dalla giovane moglie, mentre la madre, che della vita ha una maggiore esperienza,  cerca di dissuadere  il figlio dall'entrare nell'esercito.  Ma Mene, che già comincia a farsi chiamare con orgoglio Sozaboy, è convinto  che  indossando la divisa diventerà l'uomo coraggioso del villaggio,  importante agli occhi di tutti.  E si arruola, pur dovendo pagare una tangente- la corruzione dei capi è un tema ricorrente.

Superato il primo periodo di apprendistato come soldato, si ritrova a  soffrire la fame ed è costretto a bere l'acqua dove  si orina, dove si lavano i panni e da mangiare non c'è quasi nulla. Cento domande si fanno strada nella sua mente: 

 

[...]   mentre stavamo dentro al fosso, c'erano un sacco di cose che mi disturbavano, sapete. Come quella domanda: perché stiamo combattendo? Mi si confondono tanto le idee quando mi faccio quella domanda.

 

 Con il primo bombardamento  la guerra entra nel vivo del corpo e dell'anima di Sozaboy:

 

Dopo che l'aereo era scomparso, uscii da dove mi stavo nascondendo. O Gesù Cristo figlio di Dio, la mia bocca non riesce a descrivere quello che ho visto. O Dio, padre nostro che sei lì sopra, perché hai creato l'uomo così cattivo con il suo fratello? Angelo Gabriele, almeno prega Iddio che se non vuole che noi  viviamo che almeno non ci faccia morire ammazzati come caproni, topi o conigli [...]. Oh, non potrò mai dimenticare quello che ho visto quella mattina.

Tutto il nostro campo era completamente distrutto. Dappertutto c'erano buche,  e buche e ancora buche. E dentro  una buca ecco che vedi la testa di un soldato e in un'altra buca  un braccio. Dappertutto, un sacco di carne umana ma tutta fatta a pezzettini! Dita, unghie, capelli, cazzi e coglioni. Oh, scoppiai a piangere proprio come una donna. Che scemo che sono! E chi me l'ha fatta fare di fare il soldato!

 

 In seguito  sopporta  sofferenze di ogni genere, anche  una fuga solitaria  in un'intricata  foresta senza mangiare né  bere, la prigionia, la ricerca della madre e della moglie nei campi profughi.

 

 Ve lo dico, la prima volta che sono entrato in un campo, per poco non scappo via di corsa perché pensai che  ero arrivato in una città di fantasmi o in una città fantasma, così come alcuni la chiamano. Mi sono messo a piangere  tutti quegli uomini e quelle donne  senza un indumento addosso, alcuni con degli stracci luridi intorno ai fianchi  e alcuni con  dei vestiti pieni di buchi. E ciascuno teneva una scodellina o un piattino, in attesa di ricevere un po' di gari senza neanche pesce né carne. E non c'è nemmeno  dell'acqua buona da bere. E molti dormono sopra foglie di banano che hanno tagliato perché non hanno mica una stuoia. E hanno i capelli lunghi lunghi  perché non c' è un barbiere che tagli i capelli.

E tutta quella gente  con i capelli lunghi, lunghi e la pancia grande grande e le gambette da zanzara, con gli occhi scavati scavati  dentro le facce lunghe lunghe erano una folla in ogni campo.  E molti piangevano per  la malattia o per la fame  o perché  era morto un loro fratello e tutti loro  con i corpi neri a tal punto  che se le vedi da lontano  è come una foresta malvagia  nella notte o una foresta di mangrovie quando l'acqua è andata  a far visita all'oceano.

 

 Sulla  morte, sul dolore, sulla fame dei più  ingrassano i pochi  uomini- pancia senza scrupoli, i  soliti profittatori di ogni guerra:

 

E dato che vogliono papparsi tutto per oggi, domani e   persino per tanti domani che devono ancora arrivare riescono a sentire cose che nessuno ha detto , vedere le cose che le loro pance gli hanno detto di vedere e fiutare cose che le loro pance gli hanno detto di fiutare. E così questi uomini- pancia sono amici dei soldati, dei politici e degli affaristi e fanno tutti grandi affari sopra la  pelle degli uomini, delle donne  e dei bambini. E la loro cliente è la morte.

 

 Sozaboy racconta in prima persona,  è protagonista e narratore  allo stesso tempo, come  chi ha  bisogno di gridare le sofferenze, il disinganno, la disperazione patiti durante la guerra  che gli ha tolto tutto, i beni materiali e gli affetti  e soprattutto  il suo essere in   armonia col  mondo. Tuttavia il romanzo  non è un  lungo monologo  perché  continui sono i dialoghi- vivacissimi- come  in Foresta di fiori.

 La  grande originalità- invenzione di questo libro è il linguaggio,  linguaggio semplice, a volte rozzo e insieme poetico, ingenuo,  dell'ingenuità di chi crede nella bontà degli uomini. Mene,  da giovane che è andato poco a scuola, conosce un inglese approssimativo  con frequenti storpiature di parole e  creazioni di mescolanze linguistiche.   Infatti  il sottotitolo del romanzo  è  A  novel  in rotten english,  ma è proprio con questa lingua, piena di candore, tutto il contrario di chi parla il fine fine english ingannatore, che Ken Saro-Wiwa è riuscito magistralmente a rendere il personaggio di Mene autenticamente reale e a commuoverci per il suo stupore di fronte  alla malvagità degli uomini.

 

E poi mi ricordo che la guerra è proprio un'inutile cretinata e tutte queste uniformi e  ogni altra cosa sono solo un modo per confondere le idee e per far diventare una persona bella  come una capra che si deve mettere all'ingrasso, pronta  ad ammazzare per mangiarsela  a Natale.

 

Anche se questa è la conclusione psicologica del romanzo, in realtà altre vicissitudini attendono Mene, che- come per tutti i romanzi -   è consuetudine  non svelare.  

Sozaboy è un libro da leggere. La guerra,  che gli affaristi sfruttano a vantaggio della loro pancia, è  una guerra  africana, con tutti i riferimenti  agli animali e all'ambiente dei villaggi, ma è  chiaramente anche  un archetipo della guerra di tutte le latitudini e di tutti i tempi.

 Un elogio a parte merita il traduttore Roberto Piangatelli che è riuscito a rendere in italiano le  tante difficoltà  dell'originalissimo impasto linguistico,  che è in effetti  la   vera peculiarità del romanzo, stimato  ormai a livello mondiale  un  classico della letteratura africana postcoloniale.