“LA DANIELLA” di George Sand

(Due edizioni del romanzo e un ritratto dell'autrice)

 

 

Un romanzo dell’Ottocento che parla (anche) di noi

Era da tanto tempo che volevo scoprire che cosa aveva scritto George Sand su Rocca di Papa. Nei vecchi libri su Rocca di Papa (ad esempio in Tito Basili) si faceva spesso riferimento a questa scrittrice francese dell’Ottocento, amica intima di Chopin.  Gli accenni  però erano vaghi e, soprattutto, non trovavo citazioni testuali esaustive.

Avevo capito che la Sand aveva parlato di Rocca in un romanzo del 1856 intitolato “La Daniella”, ma non avevo reperito nessuna traduzione italiana su cui mettere velocemente le mani (il tempo di chiudermi apposta in una biblioteca non l’ho mai neanche cercato). Finalmente, qualche mese fa, ho trovato in vendita su internet una vecchia edizione francese in due volumi, a un prezzo decisamente basso: ho capito perché quando li ho ricevuti. Il romanzo, in tutta franchezza, non mi è parso un gran che. Forse ai suoi tempi lo stile prolisso della Sand era normale, ma io mi sono dovuto arrendere dopo poche pagine. Volendo parafrasare Dante, più dell’onor poté… Google.  In queste occasioni non resta che cercare on-line il testo del romanzo e, una volta trovatolo (generalmente sono le biblioteche anglosassoni a proporre gratis i loro volumi in PDF), con la funzione di ricerca si arriva alle pagine in cui è nominato il personaggio o la località che interessano.  A quel punto si torna al “cartaceo” e si finisce dritti dritti sul capitolo che si cerca. 

L’intreccio, se non ho inteso male, riguarda un giovane pittore francese che in Italia salva dai briganti una facoltosa coppia di Inglesi. La lady, ovviamente, si innamora del salvatore gallico, il quale tuttavia preferisce di gran lunga gli amori ancillari e finisce per corteggiare la sua cameriera italiana: Daniella, appunto.  Ne consegue una lunghissima serie di vicissitudini molto romantiche (e altrettanto verbose) durante le quali il pittore sposa la sua Daniella e va a dipingere a Rocca di Papa. L’immaginazione della nostra scrittrice è colpita soprattutto da Pentima Stalla.  

Mi sono cimentato senza vergogna in una traduzione  “alla buona” delle tre o quattro paginette in cui George Sand descrive il nostro burrone. Il risultato, me ne rendo conto, non è eccelso (ma dovreste vedere l’originale). La Sand, evidentemente, descrive non ciò che vede, ma ciò che quel che vede le ispira. Sicché il burroncino di Pentima Stalla diventa una specie di orrido canyon tenebroso, con una cascata impetuosa e una torre diroccata (ma infrattata e quasi invisibile). Rocca stessa è dipinta come una sorta di nido d’aquila, popolato di ragazzini seminudi che razzolano sull’orlo dei precipizi (e ogni tanto ci cadono, nella fatalistica indifferenza delle fin troppo prolifiche madri). Insomma: quanto di più ottocentesco (e gallicano) si possa concepire. Pare che all’epoca “La Daniella” abbia fatto più scandalo per le tesi anticlericali dell’autrice che per il valore letterario dell’opera. Io, piuttosto, sospetto che i censori pontifici (scafati anzichenò) lo abbiano messo all’indice soprattutto per risparmiare ai lettori una noia mortale.

Carlo Guarinoni, novembre 2015

 

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