Ci scrivono, a proposito di marroni

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Sull’argomento Castagno, all’Alveare ha scritto il Signor Franco Minelli di Antrodoco (Rieti), facendo notare che negli Atti del convegno tenuto a Rocca di Papa il 10/11/2012  “Il Castagno: da legno? da frutto? Che altro?”, pubblicato nel sito della Associazione con il seguente link   "alvearerdp.altervista.org/portale/?q=node/246", si legge:  

 

nella “sezione 3.3, frutto”, nella dicitura "1 Quale varietà serve al produttore?

1.a”  quanto segue: “Se l’impianto è piccolo (1, 2 ha), lontano dai grossi mercati, non serve una varietà pregiata che dia i migliori frutti commerciali (es. Marroni che hanno innanzitutto frutti grossi, regolari, di bassa % di frutti doppi, pelabili), ma una che abbia pezzatura solo media, ma si peli molto bene da buccia e pellicina, sia gustosa, dolce, poco attaccabile dai vermi dei frutti ecc (es. nel Lazio il Marroncino di Borgovelino," . Ma, fa osservare Franco Minelli, “non esiste il "Marroncino di Borgovelino" bensì il MARRONE DI ANTRODOCO IGP, come da classifica dell'associazione ANCI-RES TIPICA "Città del Castagno".

               

Abbiamo perciò chiesto a Giorgio Grassi, che scrisse quelle frasi negli Atti, di rispondere a Franco Minelli.   Ed ecco lo scritto che Giorgio ci ha inviato.

 

           

Rispondo al Signor Franco Minelli con molto piacere, perché ci scrive proprio dal Comune di Antrodoco, ufficio Turismo. Egli, richiamando gli Atti del castagno 2012  pubblicati nel sito Alveare, in cui io citavo per le sue buone qualità il “Marroncino di Borgovelino", scrive: “non esiste il "Marroncino di Borgovelino" bensì il MARRONE DI ANTRODOCO IGP, come da classifica dell'associazione ANCI-RES TIPICA "Città del Castagno".

    Devo   necessariamente   riferire  alcuni fatti e svolgere alcune considerazioni,  al termine dei  quali forse concorderemo tutti che  oggi è commercialmente meglio parlare di solo Marrone di Antrodoco.

    Premessa necessaria. Tra gli anni  1978-82  (ero ricercatore nell’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Roma) studiai a fondo la castanicoltura da frutto reatina, tenni varie lezioni  di entomologia e patologia (sul  cancro della corteccia) e  conferenze  (in occasione di almeno quattro Sagre del Marrone Antrodocano ( Borgovelino,  Antrodoco, Castel S.Angelo, Micigliano), sia corsi di potatura di castagni (su Marrone con la coop. Velinia  di Borgovelino, su  Rossa con la Gioverotondo e la Varricoop di Pescorocchiano).  Erano tempi in cui l’ERSAL (Ente Regionale Sviluppo Agricolo Lazio) era molto presente sul territorio e attivamente proponeva ricerche e trasferimento attivo dei risultati agli agricoltori. Perciò aiutai anche a far decollare il centro di prima lavorazione della castagna Rossa, in montagna, e un vivaio. 

     Un forte campanilismo contrapponeva (anche politicamente) i comuni di Borgovelino e di Antrodoco,  gelosi delle proprie iniziative castanicole (lavorazione, valorizzazione, mercati del fresco).

   Il frutto. Il  frutto  locale Marrone è del tipo detto “casentinese”,  ma risultava che rispetto agli altri tipi casentinesi laziali (del Viterbese, di Segni, di Cave) aveva una maggior percentuale di “semi doppi” dentro lo stesso frutto, ed  era più piccolo e  sgusciava meglio  . Due fattori, questi, particolarmente apprezzati dai buongustai  di castagne, perché  i frutti grossi  richiedono un morso, sbriciolano, non consegnano al palato l’intero insieme delle piacevoli sfumature di una polpa ben arrostita. E infatti il mercato di Roma da sempre chiedeva il marroncino di queste zone,  che era venduto a prezzo  inferiore ai marroni grossi ma in quantità superiori. Proprio come il popolo romano preferiva, tra i frutti viterbesi, le cosiddette “terzarole”, quelle cioè che nella selezione aziendale  delle pezzature  non erano né le prime (più grosse), né seconde, ma  mangiabili  in un solo boccone e con tutto il buon sapore. 

La sto facendo lunga, ma spero Minelli mi perdonerà,  se mi sono  lasciato andare a rivivere  alcuni ottimi ricordi di castagne  (ma anche di castanicoltori  Reatini).

     Il nome del frutto. In accordo coi castanicoltori di Borgovelino e Antrodoco,  che nelle mostre pomologiche vedevano il loro Marrone a confronto con altri marroni nazionali leggermente più piccolo,  iniziammo a chiamarlo Marroncino, con due intenti:   valorizzarlo meglio sui mercati attribuendogli un nome che lo distinguesse dagli altri Marroni,  e  prepararci a renderlo unico quando fossimo giunti a chiedere il marchio europeo di tipicità.  Infatti, a esser lungimiranti (come me),  se il MAF (Ministero Agricoltura e Foreste) attribuiva in quegli anni le DOC ai soli vini,  perché non puntare a fare le DOC anche per i prodotti vegetali tipici,  come alcune castagne si rivelavano essere? 

     A proposito. Pochi  sanno che il primo marchio di Denominazione di Origine relativo a un prodotto vegetale fu ideato per la Castagna di Montella (Avellino)  in Comunità Montana Terminio Cervialto, e 4 persone tra cui il sottoscritto in pochissime pagine di disciplinare stilarono la relativa DOC.  Quella richiesta,  pur promossa dalla responsabile della  competente Direzione MAF,  restò ferma per anni perché dapprima fu bloccata da divergenze  tra i Sindaci della Comunità M., poi dall’U.E. che aveva iniziato a far nuovi regolamenti relativi ai Marchi  europei, così uscì solo il 12.06.96.

     In quei tempi, Antrodoco era il Comune più importante storicamente,  ma Borgovelino  aveva più  castanicoltura  dinamica,  perciò  avremmo parlato indifferentemente di  Marroncino di Antrodoco  e di Borgovelino. E così lo ho nominato (e descritto) in più occasioni tecniche e scientifiche, e tale risulta in vari testi (in web e in stampa).

     Col passar degli anni, però,   c’è stato chi ha fatto notare che il termine Marroncino ingenera confusione, perché le norme U.E. distinguono tra “marrone” e “castagna”,  e perché il consumatore (che  sempre più compra  senza conoscere  la frutta che compra) può  deprezzare  questo frutto perché “inferiore” ad altri marroni.  Perciò è  più utile (mercantilmente)  chiamare quel marrone reatino non più Marroncino ma Marrone. 

    Conclusioni. Spero di aver così spiegato perché  ho chiamato Marroncino di Borgovelino  quel frutto,  negli Atti del Convegno dell’Alveare.

     Vorrei però precisare  due aspetti,  riguardanti l’I.G.P. di cui Minelli parla:

    L’ I.G.P. “Castagna del Cicolano” non risulta nel documento web del Ministero MiPAAF “Elenco delle denominazioni italiane, iscritte nel Registro delle D.O.P., delle I.G.P. e delle S.T.G. (Reg. UE n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012)(aggiornato al 4/8/2015).”    Forse  è ancora “in itinere” (dopo decenni di preparazione).

   Cercando in google “Marrone di Antrodoco I.G.P.” esce  subito un “disciplinare” dattiloscritto,  che  a mio parere è solo una bozza, ancora da correggere e attualizzare. Altro dirvi non so.
 

Giorgio Grassi