Il prossimo 8 novembre convegno al Centro Mariapoli sul legno di castagno

 

Sabato 8 novembre mattina, al Centro Mariapoli (Centro Internazionale dei Focolari) di Rocca di Papa in Via di Frascati 306, si terrà un convegno dal titolo: “ Il legno di Castagno per costruire il futuro: dai Castelli all’Europa”. Il consueto appuntamento annuale dell’associazione “L’Alveare – Amici del Castagno di Rocca di Papa”, organizzato come sempre in collaborazione con l’Università della Tuscia, è dedicato stavolta al possibile impiego nel settore delle costruzioni del legno ricavato dai nostri boschi cedui.

In fondo, se si guarda al passato, quasi tutti i solai dei palazzi storici ed i tetti delle chiese di Roma si reggono da secoli sulle travi di castagno roccheggiano, legno rinomato per le sue caratteristiche di robustezza e di resistenza. Ma oggi le travi di castagno sono state sostituite da materiali più “lavorabili”, anche se forse meno pregiati. In particolare, si fa largo uso dei cosiddetti “lamellari”, ovvero di materiali compositi ottenuti incollando e pressando tavole di altri legni (soprattutto conifere) in modo da ricavarne elementi architettonici molto lunghi, resistentissimi, ignifughi e squadrabili a piacere. Spesso questi materiali rappresentano un vero e proprio sostituto del cemento armato e, oltre a resistenze perfino superiori, assicurano anche caratteristiche termiche e acustiche che il cemento non può garantire. Non è un caso se perfino archistar del calibro di Renzo Piano ne fanno largo uso, come nell’auditorium di Roma o in quello in costruzione all’Aquila.

Produrre il lamellare con il legno di castagno, però, non è semplice come produrlo con l’abete. Inoltre, un grande ostacolo all’uso del lamellare di castagno in architettura è che esso non ha ancora ottenuto quella sorta di imprimatur che è la certificazione. In parole povere, quando si deve progettare un’opera bisogna poter contare su materiali da costruzione versatili, facilmente reperibili, con caratteristiche precise e omogenee. Si deve sapere prima, cioè, quanto può essere lunga una trave, quali carichi può sopportare, in che formati è disponibile, quanto costa e altre cose del genere. Tutti dati che devono essere standardizzati e garantiti. Senza nessun bisogno di essere dei tecnici esperti, si capisce bene che in mancanza di queste caratteristiche fondamentali il lamellare di castagno non avrà mai un mercato. Né, di conseguenza, si troveranno imprenditori disposti a investire dei soldi per produrlo.

Eppure, in giro per l’Italia e per l’Europa, qualcuno ha già condotto degli studi e degli esperimenti, dimostrando che trasformare il vecchio caro legno di castagno in un moderno materiale da costruzione non è un’utopia. E’ per questo che L’Alveare vuole saperne di più e, soprattutto, vuole che ne sappiano di più i protagonisti della castanicoltura castellana: ditte boschive, operatori pubblici e privati, amministratori, associazioni, enti. Tutti coloro, insomma, che hanno interesse allo sviluppo della nostra zona.

L’8 novembre, grazie all’esperienza dei relatori più esperti e qualificati nel settore, potremo farci finalmente un’idea concreta di come è possibile progettare il futuro dei nostri boschi, con un occhio all’ambiente e uno al portafoglio. Nessuno più di noi “amici del castagno” ama la natura dei Castelli e vorrebbe vederla tutelata come il bene più prezioso che abbiamo, ma l’amore per gli alberi non ci deve accecare. Come andiamo ripetendo da anni, ormai, i nostri boschi possono prosperare soltanto se tornano a produrre lavoro e reddito. Puntare sul legno, ancor più che sul frutto di castagno, appare una scelta sensata, anche alla luce della lunga tradizione forestale e artigianale della nostra zona. Ed è per questo che al convegno dell’8 novembre parteciperanno esponendo i loro prodotti anche gli artigiani locali che producono mobilio in legno di castagno. Lo scopo ultimo del nostro lavoro, in fondo, è proprio quello di unire le forze per innescare un circolo virtuoso di cura e di messa a reddito dei boschi. Per farlo occorre coinvolgere tutta la popolazione castellana in un grande progetto integrato di sviluppo: un progetto complessivo che non trascuri nulla di ciò che la natura ci ha regalato con generosità e che noi dobbiamo dimostrare di meritare.